Pd Fvg costretto a cedere i “gioielli di famiglia”: all’asta la sede di Udine
TRIESTE Finisce all’asta la storica sede udinese del Partito democratico, dove i dem organizzano tradizionalmente le proprie assemblee regionali. Il tentativo di cedere la palazzina di via Joppi risale in realtà alla fine del 2017, ma è emerso solo in questi giorni dopo una serie di round andati deserti. L’operazione non è condotta dalla Fondazione per il riformismo nel Friuli Venezia Giulia, creata nel 2008, cui è intestata buona parte del patrimonio immobiliare un tempo appartenente all’articolazione regionale del Partito comunista.
L’alienazione è stata infatti decisa da Unicredit, proprietaria del bene, che la Fondazione è stata costretta ad alienare per far fronte al debito che i Ds avevano accumulato a livello nazionale nei confronti dell’istituto di credito. Situazione simile a quella capitata alle 57 consorelle sparse nel resto d’Italia, davanti alla necessità di restituire una cifra impossibile dopo la fine dei rimborsi elettorali.
La vicenda
Dopo un anno di tentativi, l’Istituto vendite giudiziarie di Udine non riesce a piazzare l’immobile, che il Pd regionale occuperà comunque per contratto fino al 2022, pagando un canone da 12 mila euro all’anno. Difficile d’altronde che, pur davanti a un prezzo in costante discesa, la sede risulti appetibile per chi non potrà disporne per quattro anni. Ci si riproverà il 30 gennaio, con un prezzo base di 119 mila euro e un’offerta minima del 25% più bassa.
La struttura risulta pignorata a favore di Unicredit, che aveva contestato la donazione fatta dai Ds alla Fondazione per il riformismo, holding regionale creata assieme a molte altre in Italia per non far confluire le proprietà ex Pci sotto l’ombrello del neonato Pd. Il passaggio della proprietà di via Joppi è divenuto oggetto di contestazione quando i Ds hanno dichiarato di non poter più pagare il debito contratto con Unicredit, a causa del taglio ai rimborsi elettorali che i partiti ricevevano con un sistema di rateizzazione in più anni. Da qui il pignoramento, a parziale copertura del credito vantato dalla banca. Nel Pd c’è anche chi ha proposto di far comprare via Joppi direttamente al partito, ma le risorse sono insufficienti e dunque ci si limiterà ad attendere il 2022 per passare nell’altra sede di via Mantova, rinunciando così agli spazi che ospitano l’assemblea regionale dem.
Il trasloco triestino
Lo spostamento è invece già avvenuto a Trieste, dove il Pd ha traslocato dalla sede di via XXX ottobre a quella di via Geppa, che aveva ospitato i dem fino al 2009, e prima ancora i Ds. La decisione è stata presa a fine 2018: perdere regionali e politiche ha significato infatti un drastico calo dei versamenti degli eletti e la necessità di limitare le spese in tempi di vacche magre. Via XXX ottobre è ancora in leasing e il Pd sta cercando di affittarla a un ufficio per pagare le rate con i canoni riscossi. L’immobile di via Geppa era stato invece diviso in due nel 2009 e dato in locazione a un call center: oggi i dem sono tornati a occupare due terzi dei vani, lasciando il resto a un privato. Da notare che via Geppa è anche la sede dell’Immobiliare Capitolina, società per mezzo della quale la Fondazione per il riformismo controlla buona parte del suo patrimonio.
Fondazione Immobiliare
La Fondazione è nata poco dopo la creazione del Pd e ha assorbito le società immobiliari che il Pci aveva creato a Trieste, Udine e Pordenone: quasi tutto confluito nell’Immobiliare Capitolina (prima operante per decenni nel solo capoluogo giuliano), le cui quote sono detenute al 100% dalla Fondazione, holding del mondo diesse che a propria volta possiede inoltre in via diretta una quota minoritaria di immobili in Friuli, fra cui proprio via Joppi. Si tratta di 25 immobili con un valore di circa un milione: vani locati per lo più a circoli Pd o attività private. Nel primo caso i canoni sono calmierati per favorire il partito e spesso non vengono nemmeno incassati. Nel secondo si parla invece di annualità a prezzo di mercato per coprire i costi di gestione e manutenzione degli immobili.
Le difficoltà gestionali
Lo statuto della Fondazione prevede che i proventi siano utilizzati per organizzare attività culturali. Ma niente di tutto ciò si è mai verificato e anche per questo l’organismo è stato commissariato dalla Regione negli anni passati, quando le dimissioni del comitato di indirizzo avevano decapitato la cassaforte rossa, a causa delle divergenze politiche e sui destini del patrimonio che connotavano la trimurti composta da Lodovico Sonego, Gianni Torrenti e Renzo Travanut. Ora la Fondazione ha trovato un nuovo assetto con la nomina di Alessio Di Dio alla presidenza del cda.
La galassia Fvg
La Fondazione per il riformismo è la più importante delle tre realtà che operano in Fvg. Le altre sono la Fondazione Isonzo e l’Istituto Puntin, che controllano rispettivamente il patrimonio goriziano degli ex Ds e una singola struttura ad Aquileia. Nel caso del Fvg si tratta di quaranta proprietà: intere palazzine, vani fronte strada, appartamenti e terreni. Strutture spesso in cattive condizioni e gravate da debiti pregressi e gestione in passivo, a causa della difficoltà di molti circoli dem a versare un regolare affitto che possa anche soltanto coprire le spese per tasse e mantenimento. Il tutto fa parte di una galassia di quasi sessanta fondazioni nate per gestire oltre 2.400 immobili sparsi per la penisola e dal valore di quasi mezzo miliardo di euro. —
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