PD E USCITA DAL LIBRO DEI SOGNI

Due sono i temi dominanti sui quali si è concentrata l'attenzione dei commentatori all'indomani delle primarie che hanno proclamato Veltroni segretario del nuovo Partito Democratico: il nuovo che irrompe sulla scena politica italiana - un nuovo soprattutto in termini di semplificazione del sistema dei partiti - e in quale misura il nuovo inciderà sull'esistente. O per dirla in altri termini, se i leader del centrosinistra ora saranno due, Veltroni e Prodi, se i due riusciranno a coabitare decentemente, se l'attuale governo è destinato ad avere le ore contate, se fra un po' se ne farà uno un po' nuovo o se andremo tutti a votare. Sono interrogativi però che guardano un po' troppo al futuro immediato, hanno un po' il fiato corto per così dire. Visto che invece il Partito democratico è stato presentato come scelta lungimirante, è a questo livello che dobbiamo porci le domande sul suo conto: cos'è questo partito?


È nuovo o non lo è affatto? Quale è il suo radicamento sociale? A chi vuol rivolgersi all'interno della società italiana? Per iniziare, si dice che con la sua nascita abbia offerto un contributo cospicuo a semplificare il sistema dei partiti in Italia. Sarà, ma mi sfugge una cosa: quale differenza ci sia fra una coalizione che tenga assieme un tot di forze politiche e un partito, il Partito Democratico appunto, al cui interno ci sono, come si è visto, diverse anime. Anche al suo interno è prevedibile che ci sarà un po' di rissa perché le anime minoritarie vorranno, come si dice, avere visibilità, non si lasceranno certo monopolizzare da chi controlla i tre quarti del partito, da Veltroni cioè. Del resto è un futuro già annunciato perché nell'appena trascorsa campagna elettorale per le primarie sono volate parole grosse fra i candidati (una di essi in particolare non si è risparmiata).


Per rispondere agli interrogativi che si sono posti, facciamo un po' di conti. Due anni fa alle primarie che hanno consacrato Prodi sono andati a votare quattro milioni di italiani; domenica scorsa sono stati suppergiù tre milioni e mezzo. Si può concludere che, quanto meno in termini numerici, alle urne si sono recati gli stessi perché il mezzo milione che manca è dato da tutti quelli che stanno nella coalizione di centro-sinistra ma che non sono entrati nel Partito Democratico (la sinistra estrema, i verdi, pezzi dei DS, gruppi di centro). Ciò vuol dire che il nuovo partito nasce con l'apporto della militanza, quella di derivazione comunista e quella di derivazione cattolica, non democristiana, cattolica ripeto, perché nella storia della Dc c'è stato poco in termini di militanza mentre c'è stato molto in termini di sottogoverno (preciso che uso questa espressione senza alcun intento polemico o denigratorio) oppure, se vogliamo chiamarla più elegantemente, in termini di mediazione politica.


Per tradizione i militanti sono coloro che il partito lo scelgono una volta per tutte in base a predilezioni ideologiche o a prescrizioni della dottrina (il che fa lo stesso), coloro che, quando gli vengono i capelli bianchi, si dimostrano incrollabilmente fieri di avere tenuto fede -è appunto questo il termine più idoneo- alla propria scelta iniziale. Politicamente parlando è gente di bocca buona: una volta scelto, aspettano ordini dall'alto e, quando arrivano, si comportano rigorosamente di conseguenza. Veltroni infatti doveva vincere e ha vinto. Stanno sempre al loro posto, i militanti. Eppure per un partito nuovo o che quanto meno tale si professa, i militanti sono come una droga: qualsiasi cosa faccia o abbia fatto o farà, i suoi militanti staranno sempre lì, sempre al loro posto, sempre ad applaudire. A ben vedere dunque, nascere con la droga sempre pronta sul tavolino non è qualcosa che faccia bene anche perché in termini numerici i militanti corrispondono al 7-8% dell'intero corpo elettorale.


Ma per vincere le elezioni bisogna andare ben sopra tale soglia. Certo, non è solo, il Partito Democratico, che mobilita i miltanti. Anche Forza Italia sembra volerlo imitare grazie all'attività indefessa della signora Brambilla (quella signora pimpante con la chioma rossa e altre cose) che da qualche tempo dedica tutte le proprie energie a chiamare a raccolta i militanti di Forza Italia. Ma va anche detto che Berlusconi fece esattamente il contrario quando quattordici anni fa scese in politica: allora identificò un blocco sociale, una parte consistente di società alla quale rivolgere la propria proposta politica. E pare di capire che a quello che fa la signora Brambilla un giorno presta attenzione e l'altro no.


Ecco, quello che non si fino ad ora è capito è a quale Italia voglia rivolgersi il Partito Democratico. Finora quello che Veltroni ci ha fatto vedere andando in giro per l'Italia è solo un libro dei sogni, e chiunque sa che, quando lo apri e lo sfogli, gli unici che ti stanno ad ascoltare e magari anche ti applaudono sono i militanti. Ma se togliamo gli occhi dal libro dei sogni e andiamo invece a guardare a quello che fa concretamente, proprio nelle ultime settimane, il centro-sinistra, cosa vediamo? Con le misure proposte nella legge finanziaria Prodi -che del Partito Democratico si dice sia il padre nobile- sembra attento agli imprenditori e ai poveri Cristi, gli unici ai quali ha abbassato le tasse. Oh, è anche vero che il Partito Democratico mette ben in alto nei propri obiettivi la partecipazione: la partecipazione dei cittadini alla politica come evidente antidoto all'antipolitica. Ma non inganniamoci, per favore. Si tratta di riti.


La sostanza della democrazia, del governo del popolo, è un'altra, e lo si è spiegato già un sacco di anni fa: la democrazia non è rito, è invece delega, è dire: oggi io ti do fiducia, ma verifico se ne hai fatto buon uso e, se non è così, la fiducia non te la do più. Ecco cosa dunque appare alla sua nascita il Partito Democratico; un partito di militanti ai quali si devono proporre riti di partecipazione; quanto al resto è un partito che si rivolge da un lato a imprenditori e dall'altro a poveri Cristi. Se questo è il partito nuovo, è il partito del futuro, siamo proprio in un bel guaio.

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