Paziente morto, tre chirurghi a giudizio

Sono accusati di omicidio colposo, sentiti il medico di base della vittima di 78 anni e l’anestesista che era in sala
Di Roberto Covaz
Bumbaca Gorizia 21.08.2015 Ospedale Civile Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 21.08.2015 Ospedale Civile Fotografia di Pierluigi Bumbaca

Giovanni Kerpan, 78 anni, morì dopo due settimane dall’intervento chirurgico di resezione dell’intestino per l’asportazione di un piccolo tumore. Chi lo operò, secondo l’accusa, non tenne conto della “grave stenosi carotidea”; nè si accorse nel successivo decorso operatorio della presenza di un’emorragia addominale dovuta alla milza - sempre secondo l’accusa - lesionata durante l’’intervento. Emorragia che provocò grave anemia, ictus e infarto per il diminuito apporto di sangue al cervello e al cuore. Danni irreversibili che portarono il 78enne alla morte.

Chiamati a rispondere di omicidio colposo sono tre chirurghi dell’ospedale di Gorizia, professionisti noti ed esperti: Ignazio Citro, Alberto Canevelli e Giuseppe Stacul, difesi i primi due dall’avvocato Tarlao e Stacul da Cattarini.

Citro e Canevelli hanno effettuato l’intervento. Stacul era di turno il 18 gennaio 2013, il giorno dopo l’intervento. Non si accorse dell’emorragia in atto; fu lui inoltre in precedenza a diagnosticare la stenosi a Kerpan. I famigliari di Kerpan si sono costituiti parte civili con l’assistenza dell’avvocato Daniele Compagnone.

Ieri, davanti al giudice Coppari (pm Collini), sono sfilati alcuni testi importanti. Per primo Giorgio Tavcar, medico di base di Kerpan. «Kerpan era mio paziente da circa 25 anni. Era in cura per la pressione arteriosa. La stenosi carotidea era stata diagnostica da otto anni ed era periodicamente monitorata. Avevo ipotizzato un intervento ma non c’era urgenza. A un certo punto, dopo le consuete e periodiche analisi del sangue, ho riscontrato in Kerpan valori positivi dell’anemia. Gli ulteriori accertamenti hanno poi diagnosticato il problema all’intestino. Come prassi per tutti i miei pazienti quando vengono ricoverati, mi sono informato nel reparto di chirurgia sulle condizioni post operatorie di Kerpan. Non ricordo con chi ho parlato. Mi hanno riferito genericamente che c’erano stati problemi. Nei giorni successivi mi sono informato in terapia intensiva, dove Kerpan era stato accolto, e in questo caso mi è stato riferito che il paziente era in situazioni critiche».

Altro teste, Diego Rossi, anatomo patologo. Qui le parti si sono concentrate sull’entità dello scollamento della milza. Infine ha parlato l’anestesista presente in sala operatoria durante l’intervento a Kerpan. «Il paziente presentava un rischio anestesiologico moderato, non ci sono stati problemi durante l’intervento. Il risveglio è stato regolare».

L’avvocato Cattarini ha chiesto al teste se l’anestesista può decidere la sospensione dell’intervento. L’avvocato Tarlao ha rilevato come i farmaci assunti da Kerpan per controllare la stenosi comportano conseguenze per l’apparato gastroenterico e rallentano i tempi di riassorbimento di un’emorragia.

Processo alle battute preliminari. Già dalla prossima udienza cominceranno a sfilare in aula i consulenti tecnici delle parti. All’udienza di ieri hanno presenziato i medici Canevelli e Stacul.

Era stato il pm Laura Collini a chiedere il rinvio a giudizio nell'aprile del 2015, accusando i sanitari di «negligenza, imprudenza e imperizia». Richiesta accolta dal giudice Sabrina Cicero nell'udienza preliminare del febbraio 2016.

L’avvocato Alberto Tarlao ha precisato a margine che «Il nostro intento sarà quello di dimostrare che la lesione alla milza non è compatibile con l'intervento, e che al momento dello stesso le valutazioni sul rischio operatorio erano già state effettuate dal primario e da un anestesista».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo