Patuanelli: ora avanti con il porto franco
Il ministro: lo scalo è zona extra Ue. Manca un tassello per definire la trasformazione delle merci nello scalo

Lasorte Trieste 11/11/19 - Il Piccolo, Direttore Enrico Grazioli Intervista Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli
Top 500, l'intervista del direttore del Piccolo Grazioli al ministro Patuanelli
La prossima partita per lo sviluppo di Trieste è sistemare definitivamente il regime del porto franco, perché «Trieste è zona extradoganale». Parola del ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, intervistato ieri a Top 500 dal direttore del Piccolo Enrico Grazioli. L’esponente grillino del governo ha dovuto registrare il colloquio: il caso ArcelorMittal non gli ha infatti permesso di essere presente al teatro Verdi, ma dal maxischermo il ministro ha lanciato alcuni messaggi chiari sul futuro di una città sospesa fra le speranze accese dal porto e la crisi della sua industria.
Ed è partendo da questi due nodi che Patuanelli ha sottolineato che per Trieste «manca ancora un tassello: la definizione delle procedure per definire la trasformazione delle merci all’interno del porto. Trieste è zona extradoganale, altrimenti non si spiega la presenza della Guardia di finanza: sto insistendo moltissimo con l’Agenzia delle dogane e Dipartimento finanze del Mef. Il porto è zona extra Ue e questo permette di fare trasformazioni in regime fiscale agevolato». Il riferimento è alla necessità di modificare il decreto attuativo del porto franco, che ha lasciato alle Dogane un potere di veto che sta impedendo all’Autorità portuale di autorizzare insediamenti industriali in regime di esenzione.
Lo sviluppo passa da qui, dove la manifattura può unirsi al porto. Quanto allo scalo, il ministro ha rivendicato i recenti accordi sull’export firmati in Cina: «Il memorandum è fondamentale per il porto, a patto che ci sia reciprocità di rapporto fra Cina e Italia. Se consentiamo alla Cina di investire sul nostro territorio, Trieste deve investire in Cina. Con la firma della scorsa settimana Trieste va a investire dall’altra parte del mondo per creare piattaforme per portare prodotti che hanno grande richiesta in Cina». E sul destino del porto il ministro è più che ottimista, perché «da fuori è visto come quella parte di mare che entra nel mercato europeo: credo che questo possa spostare veramente i traffici dal Nord Europa a Trieste».
Intanto però l’industria piange, anche se Patuanelli assicura massima collaborazione con le istituzioni locali, perché «su criticità come Wärtsilä, Flex, Ferriera e Sertubi non può esserci contrapposizione politica». Il tema più caldo è però quello della siderurgia e il ministro promette «tempi rapidi per dare certezza sui tempi a Siderurgica Triestina, ma i tavoli sull’Accordo di programma sono quasi quotidiani e c’è un ottimo lavoro dei ministeri, delle istituzioni e dell’Autorità portuale. Entro fine anno avremo un quadro completo. C’è l’impegno del cavalier Arvedi a investire sul raddoppio dell’area a freddo, c’è molto interesse sulla banchina e ci sono aree interessanti dove si potrà fare industria e dove passerà la rete ferroviaria. Intanto stiamo garantendo che ciascuna delle persone che lavorano nell’area a caldo sia ricollocato».
Lo sguardo è ovviamente anche sui temi nazionali. Patuanelli ha attaccato ArcelorMittal sull’ex Ilva di Taranto: «L’azienda è inadempiente e, quando la questione scudo legale non era ancora sul tavolo, ha detto di essere impossibilitata a mantenere gli accordi sul piano industriale. ArcelorMittal aveva solo intenzione di acquisire quote di mercato e spegnere il più significativo impianto siderurgico d’Europa».
E poi la finanziaria: «Avendo uno spazio temporale più ampio – ha concluso Patuanelli – avremmo potuto produrre misure espansive più significative, ma il governo è nato soltanto a settembre. Dicono che è la manovra delle tasse, ma abbiamo eliminato 23 miliardi di iva e previsto misure per famiglie e disabilità, oltre ad aver eliminato il superticket. La plastic tax verrà poi rimodulata, ma è giusta perché la produzione di plastica deve diminuire». —
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