PATTI CHIARI FRA TRIESTE E LUBIANA

Che senso ha accartocciarsi in un dibattito sull'ambizione della Slovenia di diventare capitale di un ente che ancora non c'è (l'Euroregione) e di cui, se anche già ci fosse, la Slovenia per ora non farebbe parte? Nessuno. Eppure su quest'ipotesi di realtà virtuale applicata alla politica gli esponenti cittadini discutono e si accapigliano, dopo l'intervista in cui il sindaco di Lubiana Zoran Jankovic ha richiamato una primazia per così dire naturale della propria città nell'area. Peraltro, a rivelare un certo imbarazzo nella classe dirigente triestina v'è la prudenza con cui le sue parole sono state accolte: ad alcuni sono parse autorevoli e ad altri sussiegose, ai primi una promessa e ai secondi una minaccia.


Chi scrive pensa che siano l'una e l'altra cosa, ché il mondo non è quasi mai bianco o nero, ma ha infinite sfumature di grigio. Di certo il primo cittadino di Lubiana parla con chiarezza e a mente sgombra; il che, in mezzo a un ceto politico abituato ad alludere ed eludere, lo rende simpatico e stimabile. Il punto centrale è un dilemma tutto triestino: non abbiamo ancora deciso se considerare la Slovenia un alleato o un concorrente. Abbiamo accolto con entusiasmo la rimozione dei confini ma stiamo lì a contare con un velo d'inquietudine le macchine che entrano ed escono, riesumiamo il mito dei fasti mitteleuropei ma sospettiamo - e giustamente - che nulla ci sia dovuto e tutto vada sudato.


Non abbiamo ancora metabolizzato una verità lampante: nei rapporti tra Paesi vicini che condividono le regole del gioco e un comune spazio economico e politico, si è sempre e reciprocamente amici e avversari, non l'uno o l'altro. Chiamiamola, se ci piace, cooperazione competitiva o, se vogliamo mostrarci uomini di mondo, coopetition all'americana, ma questa è la semplice realtà del mondo di oggi, nelle relazioni tra Stati, mercati, aree geografiche, aziende e persone che lavorano su fronti contrapposti: si collabora e si compete al medesimo tempo, ognuno per i propri interessi che talvolta si sposano a quelli dell'altro e talvolta divergono, con giusta lealtà e rispetto di chi sta dall'altra parte. E dunque, non v'è motivo di offendersi se Lubiana ci dice, un pelino altezzosa, che lei è una capitale europea e discute dei suoi problemi con Roma, e poi se ne avrà il tempo si occuperà di Trieste.


Via, è normale: la Slovenia è entrata in Europa di gran carriera e facendo meglio delle altre matricole, oggi presiede il semestre comunitario e ne vive la naturale adrenalina, e si prepara ad accogliere all'aeroporto Sarkozy e Carla Bruni, piuttosto che a Senozece Dipiazza e la Bassa Poropat. Ma poi la sbornia finisce, Sarkozy risalirà la scaletta, e presto o tardi anche la Slovenia si riaccorgerà che con tutti i suoi immani disastri l'Italia rimane un grande Paese, il Friuli Venezia Giulia una regione strategica, Trieste un interlocutore fondamentale, con cui Lubiana condivide il confine, i trasporti, i destini di sviluppo e finanche grosso modo il numero di abitanti. Roma è un po' più grande, solo dieci volte tanto, e ha problemi un po' diversi.


Smettiamola allora di considerare i nostri vicini come un babau o come l'ancora di salvezza, perché non saranno questo né quello. Siamo noi il babau o il salvagente di noi stessi. Impostiamo con la Slovenia un rapporto chiaro e di proposte concrete (tra le quali chi scrive non lascerebbe cadere la disponibilità di Jankovic di recarsi alla Foiba, poiché il passato non deve condizionare ma va riconosciuto). E di terreni concreti e di reciproco vantaggio, molto più che un presunto ruolo di capitale di un'istituzione ancora da formalizzare, ve n'è un'infinità.


Quattro sono tra i più importanti. Dei porti di Trieste e Capodistria si scrive ogni giorno, ma oltre alle strategie contano i tempi. Tutti speriamo che tra un certo numero d'anni i due scali siano connessi tramite i sei chilometri di binari mancanti, ed entrambi collegati - non potrà che finire così - con Divaccia e l'altra velocità ferroviaria. Ma quanti anni? A Nord delle Alpi è già quasi tutto fatto: accelerare l'integrazione di porti e trasporti è interesse di Trieste quanto di Lubiana, a dispetto delle resistenze di qua e di là. I servizi a rete: la Slovenia si sta riorganizzando, e un accordo tra le municipalità che coinvolga AcegasAps, sfruttando le economie di scala territoriali, potrebbe portare benefici ai cittadini sia italiani che sloveni.


Il turismo: un pacchetto di proposte comuni fra Trieste e Lubiana (e possibilmente con Venezia) potrebbe incrementare di molto le presenze nelle due città: poche aree d'Europa vantano una tale varietà di offerte, scenari e filoni culturali in uno spazio così ristretto. Infine, e più importante, la ricerca e le ricadute d'impresa. La Slovenia mostra un tasso d'innovazione sorprendente per un Paese così piccolo e di recente formazione. Mettere in comune le rispettive competenze consentirebbe ai parchi scientifici di specializzarsi ognuno nelle proprie aree di eccellenza, sprigionando nuove aziende e creando un terreno più fertile per l'attrazione di giovani talenti. E tutti sappiamo se ne abbiamo bisogno.

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