“Pasto sospeso” a Trieste, la rete di solidarietà cresce: già 600 le persone aiutate. Ecco come aderire

Il progetto “Pasto sospeso” è stato promosso da Rotary Club Trieste in collaborazione con la Caritas Diocesana di Trieste.

Roberta Mantini
Il pasto sospeso: una barista che mostra i coupon dell’iniziativa. Foto Silvano
Il pasto sospeso: una barista che mostra i coupon dell’iniziativa. Foto Silvano

Sono 600 i pasti raccolti nei primi tre mesi di vita del progetto “Pasto sospeso”, promosso da Rotary Club Trieste in collaborazione con la Caritas Diocesana di Trieste.

L’iniziativa è arrivata in città sulla scorta dell’esperienza dei Rotary di Monza e Cremona, con l’obiettivo di offrire un aiuto concreto a chi ha difficoltà a garantirsi almeno un pasto al giorno grazie a delle donazioni che possono essere effettuate attraverso gli esercizi commerciali cittadini che hanno aderito all’iniziativa. I destinatari dell’aiuto sono un’ampia platea.

«Abbiamo cercato di organizzare un intervento ad ampio raggio - ha spiegato Alessandro Zanmarchi, presidente del Rotary Club Trieste - per raggiungere anche nuove e allarmanti forme di povertà “nascosta” o comunque meno visibili».

I promotori infatti hanno scelto di cercare di intercettare anche tutti i singoli e le famiglie che per i più svariati motivi si sono ritrovati improvvisamente, o comunque nel giro di poco tempo, in condizioni di indigenza. Difficoltà che spesso viene affrontata e nascosta con dignitosa riservatezza, spesso sino a raggiungere stati di deprivazione particolarmente critici.

«Per riconoscere i segni del malessere - aggiunge Zanmarchi - si rivelano essenziali la capillarità e l’esperienza della rete di ascolto e aiuto. Infatti, solo una rete di protezione attiva può captare e raccogliere indizi e notizie, anche da fonti indirette, utili ad attivare percorsi di sostegno materiale che non generino ulteriore disagio e prostrazione».

E aggiunge: «anche per questo abbiamo voluto sviluppare rapporti di collaborazione con Caritas che ha adeguate competenze assistenziali oltre che stretti contatti con la realtà territoriale».

Le esperienze lombarde sono state rimodulate sul territorio triestino con una nuova modalità operativa orientata a valorizzare anche le opportunità offerte dal turismo.

Infatti, tutti i materiali divulgativi come il sito internet, i segnalibri offerti come dono e richiamo negli esercizi commerciali sono stati prodotti sia in italiano che in inglese, permettendo così di ampliare le possibilità di raccolta, «rendendo il Pasto sospeso - dice Zanmarchi - uno strumento di solidarietà senza limiti di durata, immediatamente esportabile in tutte le città e in tutte le località turistiche».

Come funziona la donazione di un pasto sospeso? Si sceglie di pranzare, cenare oppure di acquistare qualcosa in uno degli esercizi che aderiscono all’iniziativa. Esercizi che possono essere individuati sul sito dedicato (pastosospesotrieste.it), ma anche cercando la vetrofania esterna con la grafica dell’iniziativa, che riporta la dicitura “Un pasto sospeso” sopra a un piatto sorridente sostenuto da due mani su una tovaglia a quadretti gialli e lo slogan “il gusto di donare un buon-o pasto”, o consultando le guide cartacee.

La donazione concreta avviene tramite l’acquisto di coupon da 2 o 3 euro. Per ogni buono viene consegnato un segnalibro, per ricordare il gesto, e un tagliando numerato comprovante la donazione. Successivamente i buoni vengono ritirati direttamente da rappresentanti della Caritas Diocesana, che li converte in pasti effettivi erogati nelle strutture di Caritas o consegnati a domicilio.

Già dai primi passi “Pasto sospeso” ha al suo fianco diversi partner pubblici e privati che sostengono l’iniziativa a Trieste, tra questi Solidarietà Trieste Ets, Diocesi di Trieste, Fipe Trieste, Le Fondazioni Casali, Modiano. «Allo stato attuale del progetto - sottolinea Alessandro Zanmarchi - le necessità principali, sul piano operativo, sono l’ampliamento della rete degli esercizi aderenti e la “pubblicizzazione” dell’iniziativa». Oggi gli esercizi che aderiscono sono 17.

E aggiunge: «è fondamentale innescare forme di emulazione virtuosa che da un lato favoriscano l’adesione di ulteriori esercizi, anche in virtù del ritorno d’immagine che può derivare dal simbolo vetrofania che qualifica il locale o negozio come “esercizio solidale”, e dall’altro rendano nota la possibilità di compiere un gesto, anche minimo, di solidarietà in coda ad un acquisto o ad una consumazione, raggiungendo grandi risultati con tante micro donazioni diffuse». —

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