Parte la campagna contro il “Porcellum”
TRIESTE. Quando Roberto Calderoli, nel 2005 in tv a Matrix, definì «una porcata» la sua legge elettorale, non si sarebbe probabilmente aspettato che reggesse così tanto, al punto da essere utilizzata in ben tre occasioni: nel 2006, nel 2008 e nel 2013. Con tre conclusioni diverse (vittoria del centrosinistra con Romano Prodi, vittoria del centrodestra con Silvio Berlusconi, caos istituzionale con tre poli finiti quasi alla pari) e il risultato di scontentare più o meno tutti, tranne i nominati di un sistema definito, dal politologo Giovanni Sartori, Porcellum. Oggi, contro quel sistema, c’è pure un appello lanciato attraverso il nostro giornale ai parlamentari eletti in regione. A firmarlo, docenti universitari, manager, giornalisti, sindacalisti, avvocati. Ci sono Franco Belci, Marina Brollo, Luigi Campello, Gianfranco Carbone, Marinella Chirico, Leopoldo Coen, Marco Cucchini, Paolo Giangaspero. Ma sarà possibile aggiungere la propria condivisione al documento da loro prodotto e alla campagna del giornale inviando una e-mail all’indirizzo di posta elettronica segreteria.redazione@ilpiccolo.it
Un anno fa la Consulta, è la premessa dell’appello anti-Porcellum, «pur dichiarando formalmente non ammissibile il referendum sul sistema elettorale, aveva ritenuto fondate le motivazioni dei promotori». Non basta. C’è qualcosa di ancora più recente. L’ordinanza della Corte di Cassazione che ritiene palesemente viziato il Porcellum accogliendo un ricorso di parte, «conferma l’urgenza – sostengono ancora i primi sottoscrittori – che il Parlamento intervenga senza attendere un pronunciamento definitivo della Corte Costituzionale che finirebbe per sottolineare ulteriormente l’inconcludenza della politica». Citando anche le ripetute osservazioni di Giorgio Napolitano, pure al momento della rielezione per un secondo mandato da presidente della Repubblica, sull’opportunità di approvare una nuova legge elettorale, il documento entra nel merito dello storture del Porcellum. A partire da un premio di maggioranza «privo di una soglia minima di consenso alla Camera», per proseguire con un premio «completamente diverso e del tutto irrazionale al Senato», per finire con le liste bloccate, «la sottrazione al cittadino della possibilità di esprimere direttamente i propri rappresentanti». Elementi «che hanno finito per portare alla deformazione del Parlamento». Di qui la stroncatura feroce che unisce persone di diversa provenienza: «Nell’autonomia dei riferimenti politici e ideali ai quali ciascuno di noi aderisce, ma nell’adesione comune ai principi fondamentali della Costituzione, riteniamo inaccettabile che la modifica della legge in vigore sia messa in coda a un progetto di riforme costituzionali dall’esito incerto e dai tempi indefiniti». Dopo di che, non ci si potrà comunque affidare ad aggiustamenti minimali, ma andranno «affrontati tutti i nodi viziati da illegittimità costituzionale anche con un ritorno, in via transitoria, al precedente Mattarellum. L’appello finale è rivolto ai parlamentari eletti in Friuli Venezia Giulia: «Chiediamo di farsi portavoce in Parlamento di questa ineludibile esigenza che tanti cittadini e associazioni hanno in più occasioni e con diversi strumenti espresso. Lo riteniamo infatti un punto dirimente per la qualità e il futuro della nostra democrazia che va ben oltre gli interessi di parte». Un pressing da attuare evidentemente al più presto se si vuole davvero partecipare al progetto di riforma elettorale. Già mercoledì prossimo 29 maggio è in programma alla Camera il dibattito sul percorso delle riforme istituzionali, a partire dalla bozza che il governo ha messo a punto a Spineto. Al termine della discussione ci sarà un atto di indirizzo che sarà probabilmente seguito da una mozione indicativa del percorso da seguire. «La riunione di maggioranza della scorsa settimana – ha fatto sapere il ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini – ha auspicato che le mozioni da votare contengano l’impegno all’approvazione, entro il 31 luglio, di norme che evitino che, in qualsiasi momento si torni a votare, si voti con il porcellum». Non sono mancati in questi giorni i primi veleni di fronte all’ipotesi che le modifiche non tocchino in realtà la struttura fondante della legge Calderoli. Si tratterebbe in sostanza di una trasformazione da Porcellum a Porcellinum, non di un cambio radicale. Ma proprio Franceschini si è ribellato: «Mi domando perché vengono alimentati continuamente dibattiti su cose inventate, come questa storia di un presunto accordo interno al governo sui ritocchi minimi alla legge elettorale. La sostanza e l’ampiezza di queste norme – rassicura il ministro – le deciderà il Parlamento che è sovrano. Mi chiedo a cosa serva alimentare tensioni e polemiche su cose non vere».
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