Parrocchie senza soldi fra offerte azzerate e spese da sostenere

Due mesi di messe a porte chiuse hanno “tagliato” i contributi assicurati dai fedeli Ma da San Giacomo a Barcola «mai è mancato il supporto a chi è in difficoltà»
Lasorte Trieste 04/12/09 - Regione, Contributi Sicurezza Chiese, Don Pier Emilio Salvadè
Lasorte Trieste 04/12/09 - Regione, Contributi Sicurezza Chiese, Don Pier Emilio Salvadè



Le messe torneranno a essere celebrate in presenza dei fedeli a partire dal prossimo lunedì, 18 maggio, ma questi due mesi di riti a porte chiuse hanno significato un duro colpo per le parrocchie della Diocesi di Trieste, in particolare per quelle più povere, rimaste senza il sostegno delle offerte. Ma questo, spiegano i sacerdoti, non ha impedito alla Chiesa di tener fede alla sua missione di sostegno ai bisognosi.

L’economo della Diocesi, don Pier Emilio Salvadè, delinea un quadro difficile: «Questa epidemia ha portato molte parrocchie vicino al tracollo. Le persone non fanno più celebrare messe per i propri defunti, perché ovviamente sono tutte a porte chiuse». Ma il problema principale è il venir meno delle offerte che un volontario o il sagrestano raccoglie passando fra i fedeli in occasione della messa: «Le offerte del popolo servono alle varie necessità della parrocchia - spiega Salvadè - dal sostegno ai poveri alle spese di riscaldamento. E tutto questo è venuto a mancare».

Don Roberto Rosa guida la parrocchia di San Giacomo, una delle più popolose della città, e racconta: «La parrocchia vive soprattutto delle offerte dei fedeli, con il venir meno delle celebrazioni abbiamo registrato un grosso calo. Anche l’oratorio è chiuso, facendo venir meno ulteriori introiti. C’è stata però anche la sensibilità di alcuni fedeli che hanno portato liberamente delle offerte al parroco, sapendo che c’è bisogno di aiutare le persone in difficoltà che si rivolgono alla Chiesa». Un’attività, questa, che non si è mai fermata a dispetto delle difficoltà economiche: «Se qualcuno si rivolge alla Chiesa, la Chiesa dà, e lo fa subito, senza trafile burocratiche».

Nella parrocchia di Sant’Andrea e Santa Rita, in via Locchi, troviamo invece don Samuele Cecotti: «Le parrocchie, ad eccezione di quelle che hanno un patrimonio immobiliare da cui trarre sostentamento, vivono di due tipologie di offerte, quelle che si accolgono a messa, o in altre circostanze liturgiche, e le offerte per l’utilizzo degli spazi commerciali. Ad esempio l’associazione che si trova a giocare la tombola e lascia un’offerta al parroco». Ora si sono entrambe «azzerate»: «Ci sono sacerdoti che hanno rinunciato a parte della loro distribuzione, perché oltre a tutte le spese molte parrocchie hanno anche uno o due dipendenti. Per carità, non moriamo di fame e non siamo certo la categoria più colpita, ci sono persone che perdono il lavoro. Però è giusto che ognuno faccia la propria parte».

La chiesa di San Bartolomeo a Barcola è l’epicentro della parrocchia di don Antonio Greco: «Il problema economico c’è - conferma - ma confidiamo nella generosità dei fedeli, che restano sensibili al tema. Certo ci sono state delle difficoltà, anche perché i poveri continuano a venire a bussare alle nostre porte, soprattutto in un periodo in cui le mense sono chiuse. Si accontentano anche di poco, ma per loro è questione di sussistenza». Inoltre, prosegue, «la parrocchia è un punto di riferimento per tante persone, anche in questo periodo. Oltre alle bollette, bisogna quindi provvedere a tenere le strutture pulite e in ordine».

Nell’antica chiesa di Muggia Vecchia, Santa Maria Assunta, ecco infine don Andrea Destradi, responsabile di un importante patrimonio storico e archeologico: «Ci sono grandi costi di gestione e nessuna rendita, perché non abbiamo proprietà che diano introiti - spiega -. Il parco archeologico è tutto a carico della parrocchia. Le entrate in questo periodo si sono azzerate, tanto più che le celebrazioni pasquali sono le più partecipate dell’anno in tempi normali, mentre le spese sono rimaste. Abbiamo dovuto aiutare delle famiglie in difficoltà, e a nessuno è stato detto “no”». Don Destradi riporta però l’esempio di qualche parrocchiano «che si è fatto vivo chiedendo l’iban per fare una donazione. Altri mi dicono di averle tenute da parte per quando riapriremo le messe». La gente, conclude, «è sensibile, si sente parte di un corpo, di una comunità. Al resto penserà la Provvidenza».

E in effetti degli aiuti sono in arrivo, spiega ancora l’economo diocesano: «La Cei ha stanziato dei fondi che verranno distribuiti alle Diocesi, perché vengano dati alle parrocchie in difficoltà. Assieme all’arcivescovo Giampaolo Crepaldi stiamo studiando come impiegare questi contributi. Prima alle famiglie, poi alle parrocchie e agli enti collegati». —



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