A Parole Ostili il Manifesto su comunicazione e intelligenza artificiale contro le fake news
Da Trieste «la bussola per orientarci con l’Intelligenza artificiale». Russo: «La Gen Z?Iperconnessa sì ma con un grande bisogno di una rete di affetto reale»

«C’è chi occupa le prime pagine dei giornali con saluti a braccia tese, noi preferiamo altri gesti. Come i cuoricini», ha esordito Rosy Russo, fondatrice di Parole O_stili, citando gli “architetti del caos” Musk e Bannon. E non a caso sono state proprie le note di “Cuoricini”, la canzone presentata a Sanremo dai Coma_Cose, a fare da colonna sonora al settimo, partecipatissimo, Festival della Comunicazione non Ostile.
«Oggi ho scelto tre storie per spiegare perché abbiamo dedicato questa edizione alla GenZ: Emma Ruzzone, che a 24 anni si toglie la camicia nera all’inaugurazione dell’Università di Padova, Lucio Corsi, che canta quanto è bello il mondo per quelli normali, e Cenerentola, che a 19 anni è stata salvata non dal principe, ma dalla fata madrina, che l’ha ascoltata e si è presa cura di lei, ha scommesso su di lei. E noi – ha chiesto provocatoriamente Rosy Russo dal palco del Generali Convention Center – li ascoltiamo i più giovani?».
Una domanda che ha attraversato un festival che ha portato sul palco tanti giovani e che in platea, tra gli oltre mille partecipanti, ha registrato il 40% di under 30. Con ospiti come Aurora Leone, dei The Jackal insieme all’avvocata attivista Cathy La Torre, Cecilia Cantarano, content creator da 3,5 milioni di follower su Tik Tok, Mara Maionchi, gli Zero Assoluto e Jody Cecchetto, che ha condotto il festival.
Il manifesto per comunicare con l’Ia
Frutto di questa edizione del festival è il primo Manifesto della Comunicazione Non Ostile per e con l’Intelligenza Artificiale, un esperimento innovativo nato dalla collaborazione tra Parole O_stili, l’Università di Urbino Carlo Bo e H-Farm College. «Una delle sfide più rilevanti che ci attende è imparare a comunicare con l’Ia», ha spiegato Giovanni Boccia Artieri, sociologo dell’Università di Urbino.
«Il Manifesto serve come bussola per orientarci: è risultato del lavoro che le e gli studenti di H-Farm hanno fatto dialogando con diverse Ia generative, rielaborando e discutendo i testi». «Non mi affido totalmente alle risposte dell’Ia. Esercito il pensiero critico: chiedo, verifico, confronto», recita uno dei principi del Manifesto, seguito da: «L’Ia può creare testi e immagini convincenti, ma non sempre veri. Prima di condividerli, verifico che non contribuiscano alla disinformazione».
E a proposito di disinformazione, «abbiamo visto emergere fabbriche di troll già dal 2016 con le elezioni di Trump, contenuti che inserivano semi di disinformazione e manipolazione – ha sottolineato Gabriella Taddeo, sociologa dell’Università di Torino –. Con l’Ia il costo per produrre questi contenuti è stato radicalmente abbattuto. E la capacità mimetica di questi strumenti li rende sempre più simili a utenti reali: distinguere reale e artificiale sarà sempre più difficile».
Sul tema dei social network, Boccia Artieri ha evidenziato un cambio di paradigma: «Non possiamo più parlare di social network. Oggi i social media assomigliano sempre più a palinsesti personalizzati: quando scrolliamo su Tik Tok e Instagram è come fare zapping alla tv. Ma si sta affacciando anche una nuova tendenza a spostarsi verso conversazioni destinate a pubblici più piccoli e in ambienti meno tossici».
Il peso delle parole e gli haters
«Pesano tantissimo, sono una responsabilità», ha risposto Aurora Leone dei The Jackal a Cathy La Torre che le chiedeva quanto contassero le parole nella sua vita. E sui messaggi d’odio, sui social e fuori: «A me piacciono i non-plimenti. Tipo: “Sei molto brava per essere una donna”: danno esattamente la misura del pensiero di chi te li fa. Eppure non è così difficile non risultare offensivi: basta applicare la regola di non dire mai qualcosa che non vorresti dicessero a te».
L’esperienza sui social e la gestione degli hater è stata al centro anche dell’intervento di Francesca Nonino, influencer della celebre grappa: «Gli hater talvolta sono uno stimolo per la mia creatività. Ho imparato a suddividere le critiche in costruttive e distruttive: possono darti spunti o essere puro odio online, che ad alcuni chissà perché dà un subdolo piacere».
Il festival si è chiuso ricordando la creazione della “parola del futuro”: Netily, che unisce “rete” e “famiglia”. «Un segnale importante», ha concluso Russo, «del bisogno dei ragazzi di ritrovare una dimensione familiare. Anche se iperconnessi, i GenZers vivono una solitudine forse più forte di quella sperimentata dalle generazioni precedenti. È importante continuare a dare vita a momenti di incontro per ridare forza a una rete di affetto reale, concreta e vicina alle persone». —
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