Parla Parisi, l'attivista Lgbt aggredito sul Carso: «Volevo solo sedare una rissa, poi si sono accaniti su di me»

TRIESTE È ancora sotto choc Antonio Parisi, il quarantenne triestino attivista Lgbt che martedì sera è stato picchiato assieme ad altri due amici da un gruppo di ragazzi incontrati nella piazzetta di Rupingrande. Parisi aveva appena trascorso il pomeriggio all’osmiza Tavčar che si trova a pochi passi dalla piazza. Nel locale c’erano anche i giovani responsabili del brutale pestaggio. «Se è stata un’aggressione omofoba? Non lo saprei dire con precisione – spiega il quarantenne triestino – io sono intervenuto per sedare una lite tra quei ragazzi. Poi si sono accaniti su di me».
Nella piazza di Rupingrande ieri erano ancora visibili i segni del pestaggio: sangue, bicchieri per terra. I carabinieri stanno indagando.
Innanzitutto come sta?
Ho lividi e dolori dappertutto. Ho alcune costole incrinate, faccio fatica a respirare. Ho il volto tumefatto, escoriazioni alle mani e alle braccia. Sono ritornato in ospedale a farmi visitare.
In quanti vi hanno picchiati?
Credo fossero in tre o in quattro. Non lo so con esattezza perché mentre mi pestavano mi proteggevo il volto dai calci che mi davano. Mi hanno colpito in faccia, alla schiena, sullo sterno. Ho avuto paura di morire. Hanno pestato me e altri due miei amici. Uno ha il naso rotto.
Ricorda con precisione cosa è successo quel pomeriggio?
Sono andato in quel locale, dove poi ho incontrato due amici. Fino a quel momento non era successo nulla... sì, un ragazzo di una tavolata accanto mi ha preso un po’ in giro per il mio modo di vestire, ma è anche venuto a chiedermi scusa. Era una tavolata piena di giovani di circa 18-20 anni, alcuni erano vestiti in maschera. A un certo punto uno di loro mi ha anche domandato se gli facevo una foto... quindi, insomma, una situazione tranquilla. Ricordo che hanno bevuto tantissimo, ordinavano di continuo caraffe di vino.
Anche lei ha bevuto?
Non da ubriacarmi. Io e i miei due amici ci siamo fatti un litro di vino in tre. Eravamo lucidi.
Poi cosa ricorda?
Alle 18 l’osmiza ha chiuso. Quindi siamo usciti tutti. Siamo andati nella piazzetta a chiacchierare. Sull’altro lato della piazza c’erano anche i ragazzi della tavolata accanto a noi. A un certo punto mi sono reso conto che alcuni di loro hanno iniziato a prendersi a pugni, allora sono intervenuto con i miei amici per dividerli. Quei giovani erano ubriachi, arrabbiati. E si sono scagliati su di noi, su di me in particolare. Mi hanno buttato a terra e mi hanno preso a calci. E sono fuggiti.
Lei ritiene che l’aggressione che ha subìto abbia una connotazione omofoba?
Non credo. Anche perché sono stati picchiati pure gli altri due amici che stavano con me, che sono eterosessuali. Quei giovani erano molto ubriachi, penso che sia questa la vera ragione. Ma... su di me si sono proprio accaniti, mi hanno pestato con tanta rabbia. Era una rabbia che andava oltre. Insomma... come dire... già che sono gay mi hanno pestato di più. Credo sia successo questo. Ma posso aggiungere una cosa?
Sì, prego.
Sui social c’è qualcuno che ipotizza che la mia sia tutta una messa in scena. Non vale nemmeno la pena commentare parole del genere. Ringrazio invece tutte le persone che in queste ore mi hanno fatto sentire la propria solidarietà e vicinanza. Mi hanno contattato in tantissimi, anche esponenti politici. Sia di sinistra che di destra.—
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