Parla il luminare di Chirurgia pediatrica: "Il Burlo ora può fare il grande salto"

Parla il “mago” della Chirurgia pediatrica mini-invasiva Schleef rientrato a Trieste «L’Irccs ha le carte per essere un polo internazionale. Ma servono più anestesisti»
Lasorte Trieste 15 01 04 - Burlo - Terpin e Medico Pediatra Austriaco
Lasorte Trieste 15 01 04 - Burlo - Terpin e Medico Pediatra Austriaco

Si è pentito di essere tornato? «No, assolutamente. Anzi». Nel suo studio al Burlo, che ha scritto sulla porta “non suonare, ma bussare, grazie”, è nuovamente a proprio agio. Certo qualche criticità c’è (per esempio «la carenza di personale, in particolare di anestesisti, difetto nazionale»), ma Jurgen Schleef torna all’ospedale pediatrico con una particolare prospettiva positiva: a 59 anni ha deciso di rimanerci fino alla pensione.

Considerato il “mago” della Chirurgia pediatrica mini-invasiva, Schleef ha ripreso il suo posto in via dell’Istria dopo quattro anni di assenza, che aveva impiegato al vertice della Chirurgia pediatrica dell'ospedale Regina Margherita di Torino, destinazione ritenuta più attrattiva. Nel suo precedente mandato aveva orientato il Burlo verso il coordinamento con la diagnosi prenatale e aveva stimolato importanti investimenti sulla chirurgia endoscopica. È rientrato vincendo il concorso per direttore della struttura di Chirurgia pediatrica, riprendendo così anche le redini dell'intero dipartimento di Chirurgia. A Trieste ha sempre mantenuto una casa, dove veniva spesso con la moglie. È stato richiesto anche in Svizzera e in Sud Africa, ma la scelta poi è ricaduta proprio qui.

Che cosa è successo a Torino, professor Schleef?
Non è che lì stessi male, ma non avrei mai pensato che la differenza nella gestione della sanità da regione a regione potesse essere così diversa. Il Piemonte da anni viaggia sulla linea del commissariamento.

Come trova ora il Burlo?
Credo che l’Irccs adesso sia sulla buona strada. È più valorizzato nella sanità regionale di 10 anni fa.

Meglio della struttura piemontese?
A Torino la Città della salute, dove sono stati riuniti quasi tutti gli ospedali della città, è una struttura che conta quasi 13mila dipendenti, ma io credo che un ospedale pediatrico debba essere in grado di mantenere la propria autonomia, altrimenti perde la sua identità pediatrica.

Ma perché è voluto tornare?
Negli ultimi due anni, con la nuova direzione, il Burlo in regione ha acquisito un altro ruolo rispetto a quello che aveva cinque-sei anni fa, il che vuol dire che viene visto davvero come ospedale regionale. C’è l’idea concreta di concentrare qui l’attività di terzo livello: è stato creato un dipartimento di Chirurgia che prima non c’era, anche per facilitare la collaborazione interna, e sono state queste cose ad avermi spinto in questa direzione.

Quali sue aspettative sono state disattese nell’esperienza piemontese?
Ho sottovalutato una cosa: a Torino un bambino per un’operazione a un’ernia inguinale aspetta tre anni. Ridurre i tempi di attesa era il mio primo obiettivo. Ma non sono riuscito a realizzarlo perché, se non ci sono risorse, non ci sono, punto.

Prima di trasferirsi, era riuscito ad aumentare il numero delle operazioni a Trieste da 500 a 1200 circa all’anno. E adesso?
Ora il problema dell’ambiente pediatrico, e qui è forse anche un po’ più importante che altrove, è che non ci sono così tanti anestesisti dedicati al settore pediatrico. Se la sala operatoria non può lavorare tutti i giorni, la discussione sui numeri è legata a questo aspetto. Sono problemi che adesso vanno affrontati. Bisogna avere gente in grado di coprire un campo molto specialistico, dunque c’è anche un problema di trovare le persone giuste.

Quando ha deciso di ritornare?
Avevo intenzione di lasciare la struttura a Torino un po’ di tempo fa, dovevo decidere se volevo continuare lì o fare altre cose. Poi è capitato che in parallelo qui la situazione si è modificata, c’è stata la nuova direzione e poi alla fine questa è casa mia.

Qual è la strada della Chirurgia pediatrica a Trieste?
Dobbiamo focalizzarci sulla chirurgia neonatale delle malformazioni complesse e poi bisogna spingere affinché il Burlo diventi da questo punto di vista il centro di riferimento e questo può avvenire solo attraverso le collaborazioni con le Pediatrie della regione. E poi bisogna continuare a potenziare l’attrazione extra regionale, rinforzandola, e anche internazionale.

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