Parco del Mare più vicino alla Lanterna
Dal naufragio di Portolido al sogno del Parco del mare, posato a bordo Sacchetta, in fondo al molo fratelli Bandiera, dove una volta operava Cartubi. E progettato da Peter Chermayeff, ritenuto il mago internazionale degli acquari. Domani Antonio Paoletti si giocherà, quando si eleggerà il primo presidente camerale della Venezia Giulia, buone possibilità di portare a termine un progetto al quale si è da anni caparbiamente applicato. Lunedì sera il cda di Invitalia, agenzia dello Sviluppo Economico, gli ha fornito il primo assist, deliberando il preliminare relativo alla cessione del 100% di “Trieste Navigando” alla stessa Camera e alla Fondazione CRTrieste. “Trieste Navigando” è la società depositaria della concessione quarantennale che alcuni anni orsono l’Autorità portuale triestina rilasciò per 41.514 metri quadrati in cambio di un canone annuo di circa 62 mila euro.
E a circa 62 mila euro ammonta il controvalore che Camera e Fondazione verseranno a Invitalia. Dall’agenzia ministeriale, dove la notizia della vendita ha trovato conferma, si limitano ad aggiungere che l’amministratore delegato di Invitalia Domenico Arcuri è stato autorizzato a firmare il contratto, «una volta definite le modalità di cessione», tra cui alcune importanti partite contabili. Il preliminare d’acquisto è già stato sottoscritto da Paoletti e da Paniccia. Sull’operazione Parco del mare la Fondazione ha appostato nel bilancio 2015 due milioni di euro.
Dal canto suo Paoletti, in questa sua delicata settimana elettorale, si è fatto più scaramantico del solito e vuole aspettare la e-mail romana di conferma prima di dare la stura ai commenti ufficiali. Riepiloga comunque, per sommi capi, cosa succederà se le cose prendono la piega auspicata. Ricordando che l’obiettivo è realizzare il Parco del mare, trovando i 42 milioni di euro necessari a un investimento di non banale portata per Trieste (dove, ultimo ma non ultimo, necessiteranno rilevanti risorse sul Porto vecchio). Dicendo che non è stato ancora deciso se Camera e Fondazione creeranno una nuova, apposita società o proseguiranno utilizzando la sfortunata denominazione “Trieste Navigando”. Precisando che il cronoprogramma realizzativo prevede 36 mesi dal compimento dell’iter autorizzativo: quindi, in totale, significa poco meno di quattro anni.
L’iter autorizzativo - conclude Paoletti - partirà non appena l’amministratore delegato di Invitalia avrà controfirmato il preliminare: Regione e Comune saranno gli interlocutori istituzionali immediatamente coinvolti. L’accordo di programma sarà propedeutico alla modifica del Piano regolatore generale, in modo tale che l’attuale destinazione diportistica venga ampliata e aggiornata alla nuova prospettiva culturale-ricreativo-nautica.
La delibera di Invitalia chiude un’epoca e forse ne apre un’altra. L’epoca chiusa riguarda una ingloriosa pagina di velleitario investimento pubblico sui porti nautici: l’idea era costruire scali diportistici in alcuni suggestivi siti nazionali, tra Capri e la Calabria, tra la Sardegna e la Campania. Trieste era nel mazzo, con un progetto da 117 posti barca, cui se ne sarebbero sommati ben 440 alle Terme romane monfalconesi: nel 2010 un accordo di programma venne sottoscritto con la Regione Friuli Venezia Giulia, al tempo presieduta da Renzo Tondo. Entrambe le iniziative, però, evaporarono: assai rapidamente quella monfalconese, con una più lunga agonia quella triestina. Nell’estate dello scorso anno Invitalia decise di archiviare la pratica nautica mediante asta pubblica: a fine settembre si aprirono le buste, che recarono offerte per Capri, Portisco, Porto delle Grazie, ma non per la punta del molo fratelli Bandiera. Riprese così la trattativa con la Camera di commercio, che per la verità aveva avuto un epilogo prima dell’asta. E Paoletti ha trovato sponda nella Fondazione, nel governatore Serracchiani, nell’allora sindaco Cosolini.
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