Parco del mare, per non perderci servono 1.350 visitatori al giorno

Serracchiani: l’ultimo progetto non esposto alla Regione. Dolenc: serve un business plan post-crisi Fa fede lo studio di fattibilità 2009, che calcola 900mila biglietti l’anno per recuperare l’investimento
Di Piero Rauber
Lasorte Trieste 12/04/11 - Porto Vecchio
Lasorte Trieste 12/04/11 - Porto Vecchio

La location del Parco del mare? Un cruccio necessario da riprendere di petto, se proprio non ci si vuole arrendere. Non sufficiente, però, per puntare al taglio del nastro di un’opera che per giustificare la propria esistenza - ammonisce, oggi più di ieri, lo studio di fattibilità certificato a metà 2009 dall’allora assessore ai conti di Dipiazza, Giovanni Ravidà, quando si era all’alba della crisi - dovrebbe richiamare almeno mezzo milione di visitatori l’anno, staccare 1.350 biglietti al giorno, solo per non mangiare soldi. E che dovrebbe, anzi, conquistarsi un mercato da 900mila “spettatori” all’anno, quasi 2.500 al giorno, per totalizzare in un decennio un margine operativo lordo da circa 45 milioni di euro. Grosso modo l’entità dell’investimento.

Insomma, lo si faccia svuotando il terrapieno di Barcola, buttando giù l’ortofrutticolo di Campo Marzio, riempiendo di vasche l’ex Pescheria, o ancora (come predica il tentativo ultimo commissionato all’archistar Peter Chermayeff e fresco di placet della giunta camerale presieduta da Antonio Paoletti) chiedendo ospitalità a Greensisam all’ingresso di Porto Vecchio, il Parco del mare non può prescindere dalle prospettive di gestione. Così lasciano intendere - per lo meno quelle che non si barricano nel “no comment”, mentre lo stesso Paoletti preferisce restare in silenzio - le anime del mondo politico-istituzionale triestino. La sacra scrittura sul Parco del mare, per ora, resta in effetti una sola (altri aggiornamenti non ce ne sono, l’ultimo approfondimento di Chermayeff si concentra sulla fattibilità logistica) ed è stata scritta in epoca A.C. Avanti crisi. Si tratta, appunto, di uno studio di fattibilità modello business-plan che Ravidà firmò, certificando di fatto quello commissionato l’anno prima dalla Camera di commercio a Mercury Consulting e Progetto Turismo Real Estate. Il documento passò in Consiglio comunale all’unanimità. Seguirono poi la retromarcia di Dipiazza, il crescendo della crisi economica, e le incertezze finanziarie. Il tutto mentre l’Acquario di Genova, preso ad esempio in quello studio, dal milione e 300mila visitatori l’anno di media è sceso al milione e 100mila del 2011, e mentre il nuovo Museo del Mediterraneo di Marsiglia appena inaugurato punta a quota 300mila biglietti all’anno.

Quattro anni fa, nel testo di Ravidà, si ragionava su un costo medio del biglietto di 11 euro, e su un investimento sui 45 milioni. Oggi Chermayeff chiede esplicitamente «fondi aggiuntivi, al di sopra dei 45 milioni di euro, costo, questo, da determinare attraverso uno studio che faremmo con ingegneri e altri specialisti in parallelo dall’inizio», eppoi evoca l’Océanario di Lisbona, che lui ultimò «entro il prezzo convenuto di 65 milioni di dollari (69 milioni di euro). L’Acquario di Trieste può essere più piccolo e meno complesso, e raggiungere risultati simili ad un prezzo inferiore». Al momento - di soldi per partire - si contano circa dieci milioni, al di là dell’incognita dei 13 milioni della Fondazione CRTrieste di cui si parlava quando il Parco del mare doveva compiersi sulle Rive col coinvolgimento dell’ex Magazzino vini: ci sono i sette milioni e 300mila euro messi da parte dalla Camera di commercio, più il milione una tantum della Finanziaria 2010 e i due milioni spacchettati in 100mila euro per 20 anni della Finanziaria 2013, stanziati dalla Regione sotto Tondo. E ora? «La Regione - parola della neogovernatrice Debora Serracchiani - guarda con estrema attenzione e interesse a ogni iniziativa capace di rendere attrattivo e competitivo il territorio, creando valore con idee e investimenti. In particolare, questa attenzione è più focalizzata quando si parla di riscattare aree come quella di Porto Vecchio. Un polo a tema marino di alto livello a Trieste andrebbe incontro a una vocazione turistica e formativa della città. Vari progetti sono stati finora elaborati e tutti sono rimasti a fasi embrionali: quest’ultimo, pur dotato di un suo appeal, non è stato ancora formalmente esposto alla Regione». Nessun assegno in bianco, pare di capire, finché non si spulciano i numeri. «L’idea di operare in area Greensisam - fa eco il vicepresidente della Provincia con delega al turismo Igor Dolenc, facendosi più esplicito - è degna di ogni considerazione. Però bisogna uscire dalla logica del dove si fa il Parco del mare e basta. Serve un progetto aggiornato, rispetto a quello del 2009, che tenga conto del contesto economico, dei visitatori attesi, delle potenzialità date dalla logistica del territorio, dei costi di gestione». «Stiamo parlando di temi di una certa imponenza normativa, finanziaria e progettuale - chiude tra il laconico e il sibillino l’assessore alla cultura di Cosolini, Franco Miracco - su cui, specie per Porto Vecchio, si è detto e ridetto, scritto e riscritto da più generazioni. Mi dispiace aggiungere problemi senza aver risolto quelli che già ci sono, quindi mi prendo il privilegio di non aggiungere nulla».

@PierRaub

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