Parco del mare, la Regione gela Paoletti
Un problema di frazioni. O, se si vuole, di percentuali. La partita a scacchi che mette in palio il Parco del mare si fa pura questione matematica. E pazienza se per intanto, e per paradosso, le cifre ballano perché quelle definitive non esistono ancora. All’indomani della conferenza stampa in cui Antonio Paoletti, nel promettere un project financing entro l’anno, ha ricordato come l’impostazione consolidata degli investimenti parli di un terzo a carico del privato e due terzi sul groppone pubblico, piombano due prese di posizione il cui combinato disposto equivale allo scavo di una fossa per la creatura dello stesso presidente camerale.
Da un lato Giovanni Battista Costa, responsabile del settore Strategia e sviluppo della Costa Edutainment che gestisce l’Acquario di Genova, si professa sì tuttora interessato a mettere del denaro per un’analoga struttura a Trieste, ma per una quindicina di milioni, non di più, ovvero circa un terzo del piano d’investimenti che il manager ligure ritiene opportuno, di questi tempi, depotenziare dai 50 milioni e passa presunti ora da Paoletti a 40 spaccati. Dall’altro fronte, contemporaneamente, il fronte della Regione per intendersi, e con un tempismo da colpo di grazia, il vice-Serracchiani e assessore alle Attività produttive Sergio Bolzonello chiarisce: di questi tempi, gli stessi tempi difficili cui fa riferimento Costa, la mano privata in un project financing deve valere almeno la metà. Almeno. Da un terzo a più del 50%, insomma. Questione di frazioni e di percentuali, appunto, che allargano come minimo di una decina di milioni la forbice tra domanda e offerta.
«Ciò che ha dichiarato ieri (lunedì, ndr) Paoletti mi sembra confermi i miei dubbi», premette Bolzonello. Che affonda: «Il piano del project financing è datato, per lo meno ha cinque anni. È da rivedere. Là dove si prevede che il privato partecipi per un massimo di un terzo siamo in presenza di un qualcosa di incompatibile con l’attuale situazione delle casse pubbliche. Il concorso del privato deve essere superiore al 50%, oggi. Alla luce di questo, ritengo che il presidente Paoletti faccia bene a rivedere il tutto e a ripresentare qualcosa di più fattibile».
Se Bolzonello punta spietato al domani, Costa la prende con diplomazia e parte da lontano. Da quello studio di fattibilità datato 2008 - oggi contestato dallo stesso Bolzonello - che la Camera di commercio timbrò proprio con la consulenza della Costa Edutainment. «A quell’epoca - così Costa - era emerso che a Trieste un polo con un acquario potesse essere di grande interesse, anche alla luce della nostra esperienza di Genova, molto felice, così come pure all’estero, là dove, e penso ad esempio a Baltimora, i grandi acquari hanno contribuito a rilanciare i waterfront». «In linea generale - continua il manager ligure - riteniamo che a Trieste, che oltre a quella portuale ha una vocazione turistica e culturale, ha senso realizzare un acquario perché può rivelarsi sostenibile e generare ricadute». L’interesse, dunque, resiste alla crisi. Con un se: «Se la procedura (il bando per il project financing, ndr) sarà chiara e trasparente, e certamente con fondi pubblici, perché Trieste, è un fatto geografico, ha il proprio bacino d’utenza potenziale in grado di poter richiamare grossi flussi, come ce l’ha Genova e come ce l’ha Napoli». Ci vuole insomma, parola ancora del responsabile del settore Strategia e sviluppo della Costa Edutainment, «un giusto equilibrio tra investimento privato e contributo pubblico. Una volta fatto lo sforzo iniziale, per quanto ci consta, l’onere può anche non essere più pubblico. A Genova ad esempio, base di partenza pubblica al 100%, noi paghiamo canoni elevati e gli interventi per implementare la struttura li facciamo noi: in 20 anni abbiamo investito 20,25 milioni, la cosa è profittevole».
Costa, tuttavia, non crede ai 50 e passa milioni per pagare lo start-up: «Mi sembra una cifra elevata, specie per questi momenti. Io penserei prima a fare un qualcosa di espandibile, non piccolo ma nemmeno enorme, espandibile eventualmente nel tempo». Vada dunque per un’operazione sui «40 milioni» totali. Fifty fifty? Eh no. «Mi pare - precisa Costa - che i due terzi siano a carico del pubblico. Eppoi c’è il problema dell’Iva, che sugli acquari non è recuperabile e penalizza l’onere dell’investimento. C’è lo sgravio sui biglietti, ma sugli investimenti non c’è recupero». Si arriva così ai circa 15 milioni di cui sopra. «Sì, in linea di massima può essere una cifra sostenibile», la chiude Costa, che conferma di non aver avuto contatti, recentissimamente, con Paoletti: «Ci siamo sentiti un po’ di tempo fa». Niente intromissioni: «Quello del Parco del mare è un iter politico-territoriale anzitutto».
@PierRaub
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