Paramilitari dell’ultradestra, il leader resta in carcere
LUBIANA Il loro leader, l’ex candidato dell’ultradestra alle presidenziali Andrej Šiško, rimane in stato di fermo, ieri confermato e «prolungato» per altre 48 ore, ha annunciato l’agenzia Sta. Ma la sua “Štajerska varda”, il gruppo di uomini in armi che ha sollevato un enorme polverone in Slovenia nei giorni scorsi, non getta la spugna e rilancia. Aprendo all’entrata di nuovi membri nell’organizzazione.
o suggerisce una pagina Facebook di nuova creazione, battezzata “Štajerska varda”, creata da un paio di giorni e già seguita da più di 1.400 persone. Sulla pagina è comparso un invito a tutti gli interessati a dare una mano «attivamente» alla Guardia, inviando «nome, cognome, cellulare, comune di residenza». E rimpolpando così le fila dell’organizzazione in vista di un nuovo raduno. Raduno in cui gli adepti saranno addestrati all’«uso delle armi sotto una guida professionale» e istruiti in «tattica militare, autodifesa attiva», all’uso dei manganelli “tonfa” e al «pronto soccorso». Per poi chiudere la giornata con un «delizioso gulasch stiriano», si legge sul post che invita al reclutamento.
Ma chi c’è dietro alla pagina Facebook? Impossibile provarlo con certezza, ma sarebbero proprio loro, gli uomini di Šiško, a gestire lo spazio sui social, assicura un anonimo rispondendo alle domande del Piccolo via Facebook, piattaforma su cui «arriveranno nuovi materiali, foto e video e un discorso del nostro leader Andrej, quando tornerà dalla prigione», forse già oggi o lunedì.
È un’opzione realistica, quest’ultima, dato che questo pomeriggio un giudice deciderà o meno se prolungare l'arresto di Šiško, personaggio che avrebbe fatto solo «una provocazione», niente di grave, assicura il suo avvocato, Viktor Osim. Una versione confermata via Facebook dai sedicenti “guardisti”, che rivelano poi che il prossimo raduno potrebbe tenersi «intorno a dicembre», mese in cui «pianifichiamo di avere circa 500 guardisti attivi, ma già oggi abbiamo più di 10 mila sostenitori».
Le accuse di «incitamento violento al sovvertimento» dell’ordine costituzionale – l’ipotesi su cui indaga Lubiana - e la definizione di paramilitari «sono menzogne», dicono poi: «Non siamo né di destra, né di sinistra, ma sloveni comuni che vogliono combattere per i propri diritti», dato che «la polizia e l’esercito non sono capaci di proteggere la propria gente». Proteggere da cosa? «Dai politici corrotti, in Slovenia abbiamo ancora il comunismo e dai migranti illegali», specificano. Poi, ribadiscono di non essere paramilitari, con un «no» secco. «Siamo – sostengono – uomini liberi pronti a difendere l’ordine pubblico e i confini», magari con l’aiuto di ex membri di polizia e forze armate, nello scenario più preoccupante. —
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