Papa Francesco: «Il mondo prenda coscienza che migrare è un diritto umano»

Il pontefice di ritorno dalla visita in Iraq: «Mi sono commosso a Mosul: è da non credere la crudeltà umana» 
Papa Francesco
Papa Francesco

Fra le tante scene potenti dei giorni nella terra di Abramo, il Papa ha ben chiaro qual è l’emblema del viaggio in Iraq: la mamma di Qaraqosh che perdona gli assassini di suo figlio, i tagliagole dell’Isis. «Mi sono commosso», rivela Francesco nell’intervista sull’aereo che da Baghdad lo riporta a Roma. Il Pontefice dice che non immaginava così inquietanti «le rovine di Mosul: è da non credere» ciò che può fare «la crudeltà umana». È stanco, Papa Bergoglio, più del solito, come lui stesso ammette. Ma è sollevato perché «in questi mesi mi sentivo imprigionato, andare in Iraq è stato come rivivere». Il rischio Covid nella visita in Medio Oriente? Ha chiesto a Dio «di occuparsi della gente». Lancia un monito per i profughi di tutto il pianeta: «Il mondo non ha ancora preso coscienza che migrare è un diritto umano». Un appello nell’8 marzo: «Dobbiamo lottare per la dignità delle donne, sono coloro che portano avanti la storia». E annuncia che a settembre andrà in Ungheria.

Santità, due anni fa ad Abu Dhabi c’è stato l’incontro con l’Imam Al Tayyeb di Al Azhar e la firma della Dichiarazione sulla fratellanza. Si può pensare a qualcosa di simile anche con il versante sciita dell’Islam?

«Il Documento è stato un primo passo, l'incontro con l’ayatollah Al-Sistani il secondo, ce ne saranno altri. È importante il cammino della fratellanza. Tante volte si deve rischiare e ci sono alcune critiche: “Il Papa è un incosciente, sta facendo dei passi contro la dottrina cattolica, è a un passo dall’eresia”. Ma queste decisioni si prendono sempre in preghiera, in dialogo, non sono un capriccio e sono la linea che il Concilio ci ha insegnato».

Ritornerà una volta in Argentina?

«Quattro anni fa il viaggio era stato programmato ma poi rinviato. Voglio dirlo perché non si facciano fantasie di “patriafobia”: quando ci sarà l'opportunità si dovrà fare. Vi confesso che in questo viaggio mi sono stancato molto di più che negli altri. Ma vedremo. Ho promesso di andare in Libano. E andrò in Ungheria alla messa finale del Congresso eucaristico internazionale, non una visita al Paese, ma soltanto per la messa».

I giorni in Iraq sono stati anche un’occasione per la diffusione del virus. È preoccupato che persone possano ammalarsi e morire per aver voluto vedere lei?

«I viaggi si “cucinano” nel tempo nella mia coscienza, e questa è una delle cose che mi dava forza. Ho pregato tanto e alla fine ho preso la decisione liberamente, ma che veniva dal profondo. E ho pensato: Quello (Dio, ndr) che mi dà di decidere così si occupi della gente, e cosi ho preso la decisione dopo la preghiera, con la consapevolezza dei rischi».

Pensa di realizzare qualcosa per il Medio Oriente, un sinodo regionale?

«Vedremo. La vita dei cristiani è travagliata. C’è il problema della migrazione. Prima di partire, venerdì, sono venuti a congedarmi dodici iracheni profughi: uno aveva una protesi alla gamba perché era scappato finendo sotto i camion e aveva avuto un incidente. La migrazione è un diritto doppio: diritto a non migrare, diritto a migrare. Questa gente non ha nessuno dei due, perché non possono non migrare, non sanno come farlo. E non possono migrare perché il mondo ancora non ha preso coscienza che la migrazione è un diritto umano. La si vive come un’invasione. L’altro ieri ho voluto ricevere dopo la messa il papà di Alan Kurdi: questo bambino è un simbolo che va oltre un bambino morto nella migrazione, è un simbolo di civiltà che muoiono».

A Qaraqosh dopo lungo tempo ha avuto il primo contatto diretto con la gente: che cosa ha provato?

«In questi mesi mi sentivo imprigionato, questo viaggio è stato per me come rivivere. Cosa ho provato in Iraq? Quello che più mi ha colpito è la testimonianza di una mamma a Qaraqosh, una donna che nei primi bombardamenti dell’Isis ha perso il figlio. Lei ha detto una parola: perdono. Mi sono commosso».

Che cosa ha sentito pregando nelle rovine di una chiesa?

«Non avevo parole. Da non credere ciò che può fare la crudeltà umana».

È la festa della donna: che cosa pensa del fatto che una musulmana non può sposarsi con un cristiano senza essere scartata dalla famiglia o peggio ancora?

«Le donne sono più coraggiose degli uomini, è sempre stato così. La donna anche oggi è umiliata. Una di voi mi ha fatto vedere la lista dei prezzi delle donne (stilata dall’Isis che acquistava cristiane e yazide, ndr). Dobbiamo lottare per la dignità delle donne. Sono coloro che portano avanti la storia, questa non è una esagerazione, né un complimento perché oggi è il giorno delle donne». —




 

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