Papà Beppino: addio Eluana, la violenza è finita
Dopo 17 anni in stato vegetativo è deceduta alle 20.10 alla Quiete di Udine. Rissa al Senato dopo la notizia
di Tommaso Cerno
di Tommaso Cerno
Beppino Englaro
UDINE «E’ stato un trauma violentissimo, più di quanto potessi mai immaginare». Papà Beppino Englaro ha visto Eluana per l’ultima volta. Nella cappella dell’ospedale civile di Udine, prima dell’autopsia. E’ arrivato verso le quattro del pomeriggio, da solo, scortato dalla Digos.
Maglione azzurro, giacca chiara, gli occhi piccoli, stretti, fissi. Quegli stessi che lunedì notte, alla notizia della morte di Eluana, avevano pianto. Mamma Sati Englaro, gravemente malata, non c’è nell’auto. E’ partita da Lecco con lui, ma è andata dritta a Paluzza, a casa di zio Armando, dove gli Englaro resteranno per qualche giorno.
«Per un uomo le condanne più dure sono due - dice a voce bassa -, dover dar voce a chi non ce l’ha», come lui ha fatto con la figlia Eluana fino a vincere la tragica battaglia per dire no alle cure che la tenevano in vita. E poi «il dover decidere per chi non può - aggiunge con un filo di voce parlando della sua Sati, che sta male -, e stanotte ho deciso di non portare mia moglie, che non doveva vederla così. Quando non se n’era ancora andata sì, ma ora no».
Quando alza la testa sopra l’inferriata dell’ospedale vede le sue montagne. La Carnia dove è nato e dove Eluana riposerà, accanto a nonno Giobatta, nel piccolo cimitero di Paluzza. Quella Carnia che ha risposto con forza al suo appello, se si pensa che il presidente della Regione, Renzo Tondo, di Tolmezzo, non soltanto l’ha sostenuto fuori dalla linea ufficiale del suo partito, quel Pdl che si è diviso sulla vicenda Englaro, ma gli ha anche suggerito, molti mesi fa, la consulenza di Amato De Monte, il primario di rianimazione che ha guidato l’equipe di volontari che hanno accompagnato Eluana nel suo ultimo viaggio.
«Mi fermo in Friuli lo stretto necessario - racconta papà Beppino - perchè in questi momenti voi nemmeno vi rendete conto di che cosa io sento dentro. Solo, voglio stare solo. E’ l’unico modo. A Lecco. Da solo. Poi vedremo».
Sa bene, però, che prima di potersene andare dovrà affrontare una difficile scelta. Fare o non fare il funerale a sua figlia. «Non vorrei nemmeno parlare del funerale, ho chiesto di poter scomparire». Suo fratello Armando invece vuole farlo. E vuole che sua nipote sia sepolta nella tomba di famiglia. «Il funerale? Io di mio l’avrei cremata, però tengo conto mio fratello Armando, aveva rapporto straordinario con Eluana, lui vuole seppellirla accanto a nostro padre. E io non me la sento di dire di no ad Armando, anche se in ogni caso, penso di non andare. E’ anche una questione di coerenza. Voglio essere lasciato in pace solo con me stesso».
Forse i giornali è da un po’ che papà Beppino evita accuratamente di leggerli. Troppe parole, troppe bugie, troppa enfasi. «Eluana ha subito non un accanimento terapeutico, ma una violenza terapeutica. Non voleva - si sfoga - che nessuno le mettesse le mani addosso e lo hanno fatto continuamente per diciassette anni. Tra me e lei c’era un tacito accordo di sangue. Non perdono la mancanza di rispetto per lei e per la mia famiglia. Ora - conclude - Eluana riposa in pace e io posso tacere».
Alle quattro e mezza papà Beppino rimonta sull’auto civetta della Digos. Scorta. Paletta. Fuori dall’ospedale, nel traffico di una Udine spaccata in due sul caso di sua figlia che oggi non c’è più. E prima di partire per Paluzza, dove zio Armando ha già accolto mamma Sati, un passaggio nello studio del suo avvocato, Giuseppe Campeis.
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