Paolo Rossi al Miela «Spero che il cane blu diventi anche un film»

Dopo un anno di tournée uno spettacolo “trasformato” torna in scena venerdì e sabato coi Virtuosi del Carso

TRIESTE. Un anno di tournée in giro per l'Italia, un anno di successo di pubblico. Dopo l'anteprima triestina dello scorso novembre, venerdì e sabato alle 21 al Teatro Miela si torneranno a respirare le atmosfere western e visionarie di “L’amore è un cane blu. La conquista dell’Est”, lo spettacolo scritto da Paolo Rossi con Stefano Dongetti e Alessandro Mizzi. Per intraprendere questo viaggio iniziatico in un Carso ricco di magia, luogo dell'anima ancor prima che fisico, accompagnati dalle musiche originali eseguite dal vivo dai Virtuosi del Carso, vera e propria colonna sonora dello spettacolo.

«Ritornare a Trieste è qualcosa che ho voluto fortissimamente – spiega Rossi -. Lo spettacolo è stato provato e ha avuto l'anteprima qui, e ha poi ottenuto un'accoglienza superiore alle aspettative. Venivamo dal “Mistero Buffo” ed era difficile rifare una cosa così forte: alla fine, invece, l'abbiamo anche superato. Quindi, anche per gratitudine al teatro e alla città ho chiesto di tornare perchè mi sembrava giusto».

Allestito in progress, lo spettacolo prodotto dalla Corte Ospitale di Reggio Emilia in collaborazione con Bonawentura cambia e cresce di volta in volta, cosicchè lo spettatore si trova davanti a un oggetto mutevole e mai uguale a se stesso. «Il brivido della creazione è qualcosa che difficilmente si ripete – continua - all'inizio vedi solo l'ombra dello spettacolo. Col mio modo di lavorare, poi, già cambia di sera in sera, figuriamoci a distanza di un anno! Quindi ci tenevo a tornare anche perchè chi l'ha visto, oltre naturalmente a chi l'ha perso, abbia la possibilità di trovarsi davanti a qualcosa di completamente diverso».

«Se mi sono trovato più in sintonia con qualche piazza particolare? No – continua Rossi -, è un problema che si ponevano anche Dongetti e Mizzi ma non c'è assolutamente differenza: è un'idea sbagliata che la poetica del Carso non sia “esportabile”. A Trieste e a Monfalcone recito in modo diverso ma è solo questione di atteggiamento: qui sono più rilassato, lì divento quasi un promotore turistico e anzi, gli faccio venire la voglia di venire qui a vedere com'è! Aiuta anche la forza evocativa della musica, di questa band strepitosa che è quasi un coro».

Punto forte dello spettacolo, rimbalzato anche sulle recensioni nazionali, è infatti la parte musicale assicurata da Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari, Stefan Bembi, Denis Beganovic, Mariaberta Blaškovic, David Morgan, ovvero i “virtuosi”. «Oltre a prendere più corpo lo spettacolo, è cresciuto anche l'affiatamento. Sono stato mesi a Trieste e ci torno spesso: a me e ai miei compagni piace vivere borderline e vivere situazioni di confine in terra di confine è ancora più piacevole».

«Lo spettacolo è una montagna russa tra il drammatico e il comico, tra quello che sembra improvvisato e non lo è e quello che lo è veramente – racconta ancora - ed è questa combinazione a creare l'interazione col pubblico, a chiamarlo emotivamente in causa. E poi c'è l'energia dei momenti musicali. Abbiamo fatto un primo video di questo, speriamo di farne un film».

«La politica? Questa è una storia d'amore ma è forse la storia più politica che ho raccontato. Anche se è un western carsico, si svolge nell'Italia di oggi dove siamo messi di fronte alle nostre scelte quotidiane. In questo sta il senso politico del racconto: parliamo di sentimenti, di coraggio, di visioni del futuro». E sull’amico e maestro Enzo Jannacci che se n'è andato a marzo di quest'anno, aggiunge «Quando abbiamo fatto le serate estive gli abbiamo dedicato un omaggio, però quelle serate erano recital. Qui una dedica certamente c'è, ma è intima, privata e molto personale».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo