Palazzo di via Lazzaretto Vecchio sotto tutela per il progetto “nobile”

la “dop” culturale
Dalla primavera del 2019 è tutto un susseguirsi di “interessi culturali” dichiarati dalla competente Commissione regionale per il patrimonio insediata a palazzo Economo: l’ultima decisione, sottoscritta dal presidente Roberto Cassanelli, data un paio di settimane fa e riguarda il grande edificio di via Lazzaretto Vecchio 13, costruito nel 1875 su disegni di Eugenio Geiringer e Giovanni Righetti. Un intero isolato attorno al quale i confini sono rimarcati anche da Riva Grumula, da via Belpoggio, da via dei Burlo.
Nell’ultimo anno e mezzo analoghi provvedimenti sono stati assunti per il cosiddetto “quartiere Oberdan” in via Fabio Severo, per via Rossetti 8 (angolo XX Settembre) anch’esso progettato da Geiringer, per via Piccardi 12.
L’oggettiva qualità dell’immobile, i vantaggi fiscali (soprattutto sulle seconde case), la volontà di valorizzare il bene sono tra i fattori più importanti che spingono a richiedere la “dop” culturale. Ritorni parzialmente controbilanciati dall’obbligo di coinvolgere la Soprintendenza nel caso i condomini intendano procedere a interventi edili.
Nel caso specifico di via Lazzaretto Vecchio - avverte Cassanelli - c’è anche il “rischio archeologico”, in quanto l’isolato si trova in prossimità dell’antica linea di costa, ragion per cui entra in gioco la competente Soprintendenza, che deve essere allertata, soprattutto qualora l’opera coinvolgesse il sottosuolo.
La relazione storico-artistica recala firma del soprintendente Simonetta Bonomi. Ci informa che il quadrangolo occupa l’ultimo lotto del Borgo Giuseppino. Il complesso è costituito da quattro edifici, con cinque piani fuori terra e un sottotetto, con affaccio sulle strade e sulla corte interna. L’ampiezza della realizzazione - a giudizio della Bonomi - conferisce all’isolato «un’unitarietà rara da ritrovare in altre porzioni della città». Concorrono inoltre a dichiararne l’interesse culturale le firme prestigiose di Geiringer e Righetti, che avevano già lavorato insieme nell’hotel Vanoli, oggi Duchi d’Aosta. —
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