Palazzo Carciotti, rispunta l’ipotesi dell’albergo
Su palazzo Carciotti le idee iniziano a prendere forma. Sebbene per ora - dicono e sottolineano gli assessori comunali Elena Marchigiani (Pianificazione urbana) e Andrea Dapretto (Patrimonio) - si parli di ipotesi progettuali da vagliare e approfondire. Ma il presupposto è uno, e notissimo: per il restauro dell’edificio intero servono soldi a palate che il Comune non ha. Ci sono, sì, i due milioni messi a disposizione a suo tempo da Arcus, la spa per lo sviluppo dell’arte, la cultura e lo spettacolo interamente detenuta dal governo. Quei fondi serviranno per la parte nobile del palazzo, in cui potrebbero trovare spazio la Galleria nazionale d’arte antica e, più in generale, quel Museo della città di cui da tempo si parla. Ma «il tema è quello di un’operazione più complessa che metta in gioco tutto l’immobile così da riuscire a far quadrare i conti», dice Marchigiani. Conti che non scendono - stima Dapretto - sotto i 50 milioni.
Ecco dunque l’ipotesi del project financing, con «un’operazione rivolta ai privati» che potrebbe prevedere nella parte dell’isolato non affacciata sulle Rive «anche delle attività ricettive». Un albergo, insomma. Idea che l’allora assessore al Patrimonio Piero Tononi lanciò per primo nel 2006, ma che restò (come tante altre) lettera morta. Se però allora si parlava di vendita, Marchigiani è chiara: qui di cedere quello che è il più bell’esempio di Neoclassico non religioso cittadino (e non solo) non si parla, «sarebbe l’extrema ratio». Meglio una formula che «in cambio di operazioni di interesse pubblico», aggiunge Dapretto, compresi ad esempio spazi a uso collettivo, preveda l’intervento di privati. Ai quali occorre offrire «attività che abbiano una rendita». Polo culturale quindi e strutture ricettive, scartati per sempre il centro congressi ma anche l’apertura «di attività commerciali, visto anche il valore dell’immobile». Questa è la cornice in cui l’amministrazione si sta muovendo, «sebbene - ribadisce Dapretto - siano in ballo anche altre ipotesi. Lo sforzo per noi massimo è cercare di mettere mano all’edificio».
I tempi a disposizione non sono però lunghissimi. Se già tanti in passato hanno lanciato l’allarme sui fondi Arcus, da ultimo ecco il consigliere regionale e comunale Piero Camber (Pdl): «Altri grandi cantieri in diverse città sono partiti e reclameranno fondi, attenzione a che i denari “triestini” non prendano altre strade».
Una prima risposta sulle modalità d’uso dei fondi Arcus si avrà il 9 luglio, quando il direttore regionale dei Beni culturali Giangiacomo Martines, Dapretto e Marchigiani voleranno a Roma per definire la situazione. Ad Arcus - che attende risposte sul contestuale impegno del Comune - gli assessori annunceranno anche l’avvenuto appalto dei lavori per il tetto e per la risistemazione della cupola divelta lo scorso inverno dalla Bora: il cantiere - stanziati a suo tempo 900mila euro - partirà a breve.
Fin qui le prospettive. Martines (affiancato da Camber), Marchigiani e Dapretto le hanno esaminate in un sopralluogo al Carciotti cui ha partecipato anche il preside della facoltà di Architettura Giovanni Fraziano. Perché tra i tasselli che Comune e Beni culturali stanno cercando di sistemare figura anche la disponibilità dell’Università a portare un contributo. «C’è sicuramente un’intesa - dice Fraziano - volta a non perdere i denari Arcus ma anche ad andare avanti unendo enti e competenze» per salvaguardare il palazzo che Demetrio Carciotti da Smirne fece edificare all’alba dell’Ottocento come sontuosa casa-e-bottega, cuore dei suoi fiorenti affari nella Trieste emporiale.
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