Palazzo Carciotti arenatoe lo Stato blocca i fondi

Cantiere della Soprintendenza bloccato dopo il no del Comune ai congressi. Galleria d’arte antica verso il Friuli. Giudicato non onorato il contratto di collaborazione siglato sul futuro dell'edificio neoclassico
Palazzo Carciotti
Palazzo Carciotti
TRIESTE La Galleria nazionale d’arte antica della Soprintendenza, una settantina di quadri datati dal ’400 all’800 (tra cui un Cranach e disegni di Canaletto, opere di scuola genovese, lombarda e veneta) che lo Stato acquistò tra il 1955 e il 1957 dal collezionista veneziano Piero Mentasti per dotare la città appena annessa all’Italia del patrimonio artistico «nazionale» che per ragioni storiche le mancava, potrebbe adesso finire in Friuli.


È un clamoroso sviluppo dell’annosa vicenda che riguarda non solo la sua collocazione (dopo la contestata e infine scartata idea di sistemare la collezione alle Scuderie), ma soprattutto il futuro di palazzo Carciotti. Nonostante l’alta barriera di impalcature che lo avvolge per tre quarti, i lavori non partono. Il finanziamento statale di 2 milioni per il restauro della parte antica non è giudicato più spendibile dalla Soprintendenza, che considera non onorato da parte del Comune l’accordo di collaborazione per un restauro congiunto, sulla base del quale erano stati chiesti i finanziamenti. Già lo aveva affermato il soprintendente ai Beni architettonici, Luca Rinaldi: «Serve una variante di progetto, lo Stato non può ristrutturare palazzi non di sua proprietà senza che vi sia una convenzione con l’ente locale».


Era previsto che la parte storica sul lato Rive fosse a cura dello Stato, per farne la galleria d’arte nazionale, e l’ampio retro a cura del Comune, che aveva acquisito in dono il progetto di Francesco Cervesi per un polo congressuale. Il Comune come si sa ha cambiato idea: no al centro congressuale, si pensa ora (ma senza che l’argomento sia stato formalizzato) a un polo museale. Nell’incertezza la Soprintendenza ha bloccato ogni intervento. Palazzo Carciotti prosegue nel degrado, i quadri sono in magazzino.


Le ultime novità arrivano col terzo e ultimo soprintendente «definitivo» entrato a palazzo Economo: è Luca Caburlotto, delega ai Beni artistici e storici. Ha preso il posto finora occupato a interim da Fabrizio Magani (il quale nel 2001 aveva scritto uno studio proprio sulla Galleria d’arte antica di Trieste). Padovano, nato nel 1966, già direttore della Ca’ d’oro di Venezia, laureato a Udine in Conservazione dei beni culturali e specializzato a Firenze, Caburlotto è vincitore di concorso e ha scelto proprio Trieste come unica sede preferenziale. Felice di esserci arrivato, assolutamente intenzionato a restare. Tanto che in un paio di settimane ha già messo a fuoco numerose idee: per il castello di Miramare, che è adesso di sua competenza, e per i quadri che a Trieste non trovano casa.


Viste le prospettive a fondo cieco per il Carciotti, Caburlotto ha appunto pensato di portare la collezione nazionale, tristemente impacchettata, in Friuli. Per la precisione a Cividale. Qui il Museo archeologico De Nardis (di proprietà statale) è stato finalmente ristrutturato, ma non riesce ad aprire per assoluta mancanza di personale. E in zona infuria la polemica. Stanno peraltro per arrivare in regione, dopo concorso, alcuni preziosi «guardiani di museo». Potrebbe beneficiarne Miramare, afferma il nuovo soprintendente, che è sotto organico e quasi a rischio di non poter più aprire la domenica. Ma in quest’ottica regionale e con questa coperta così stretta, Caburlotto propone la quadra: «Spostare i quadri a Cividale, richiedere perciò i nuovi dipendenti, peraltro friulani, per quella sede, fare un biglietto unico col tempietto longobardo».


Dopo la denuncia di Rinaldi, anche Caburlotto rilancia il problema del Carciotti negli stessi termini: «La Soprintendenza ha messo le impalcature - dice -, ma i lavori non possono partire se il Comune non onora l’impegno, purtroppo credo che i soldi siano arrivati per niente, potremmo dirottare a Cividale anche quelli. Non possiamo continuare a lavorare senza prospettive su un palazzo non nostro». Il sindaco Dipiazza, che aveva firmato l’accordo di collaborazione (anche su impulso del consiglio comunale) con l’ex direttore regionale dei Beni culturali Roberto Di Paola, trasecola, ma non entra nel merito. Di fatto il palazzo neoclassico, che non ha problemi di staticità ma urgentissimo bisogno di restauro alle facciate e al tetto, da cui già è precipitata una statua, resta al palo, e non solo perché nella parte «retro» ci sono ancora uffici comunali che, come noto, potranno spostarsi appena fra due anni.

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