Pahor: la Turchia non è Europa. Piccata replica di Istanbul

Il capo dello Stato della Slovenia “taglia fuori” anche l’Ucraina. Oggi il confronto sulla geopolitica nei Balcani occidentali, presente l’inviato Usa, Matthew Palmer

BLED Il 14. mo Forum Strategico di Bled ha appena alzato il sipario ed è già polemica. Il “think tank” politico-economico-diplomatico che a settembre si riunisce sulle sponde dell’omonimo lago della Slovenia ha quest’anno un tema a dir poco “delicato”: la gestione delle risorse geostrategiche in un ambiente internazionale sempre più complesso e instabile, con un focus particolare sui Balcani occidentali. Presenti annunciati tutti i ministri degli Esteri dell’area. E sono bastate alcune frasi pronunciate nel suo discorso introduttivo dal capo di Stato della Slovenia, Borut Pahor, noto peraltro per la sua sensibilità diplomatica, a far sussultare un ambiente già di per sé molto elettrico, soprattutto per la presenza oggi e l’esordio ufficiale sul terreno dell’inviato degli Stati Uniti per i Balcani occidentali Matthew Palmer con il quale il ministro degli Esteri Ivica Dačić si è già prenotato un bilaterale.

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Durante la sua apparizione, Borut Pahor ha ribadito gli sforzi della Slovenia per allargare ulteriormente l’Unione europea, in particolare nei Balcani occidentali. Il presidente ha spiegato che questi Stati non dovrebbero essere visti come singole realtà, ma come un pacchetto. Secondo il capo dello Stato, avrebbe senso mantenere questo processo di convergenza nell’agenda europea e sostenere tutti i Paesi della regione verso le riforme e nella ricerca della riconciliazione.

A sostegno dell’allargamento Ue, Pahor ha anche tracciato la linea di demarcazione tra i Paesi dei Balcani occidentali e la Turchia a Sud e l’Ucraina a Nord, indicando di non sostenere l’adesione di questi due Stati all’Unione.

La sua dichiarazione ha sorpreso visibilmente il ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu, che è stato protagonista in un incontro dedicato al multilateralismo: «Fino a un anno fa, Pahor era un forte sostenitore dell’adesione della Turchia all’Unione europea - ha detto chiaramente il capo della diplomazia di Istanbul -. Non so perché abbia cambiato idea – ha concluso –. Forse Macron e altri lo hanno convinto».

Polemica a parte su dove “cade” il limes dell’Europa, con tutto quanto ne sottende, si è capito subito che questa edizione del Forum assomiglierà più a un summit che a un’aula dove si discute di aspetti geostrategici a volte anche fini a se stessi. Sui Balcani, si sa, non si scherza e non si costruiscono castelli in aria, anche perché già quelli ben saldi sulla terra possono essere distrutti in un attimo.

Lo sa bene il ministro degli Esteri sloveno Miro Cerar il quale ha scomodato Ernest Hemingway per il suo esordio. «Per chi suona la campana – ha detto – suona per tutti noi». Secondo Cerar, un obiettivo chiave della Slovenia, e praticamente di tutti gli attori internazionali, è raggiungere uno sviluppo sostenibile. Ma fino alla sua realizzazione, c’è ancora molto lavoro da fare. «Le parole devono essere messe in pratica – ha sosyenuto – abbiamo così tanti accordi ma abbiamo ancora bisogno della volontà per realizzarli».

Il ministro ha poi ricordato che negli ultimi 500 anni ci sono stati più di 600 conflitti per l’acqua e in futuro questi saranno ancora più probabili. «Quasi tutto il mondo – ha concluso Cerar – supporta uno sviluppo sostenibile, ma siamo ancora lontani dal realizzarlo. Tutto ha un prezzo, anche se quel prezzo è inferiore al prezzo che dovremo pagare se non facciamo nulla».

Come Cerar prima di lui, anche il premier sloveno Marjan Šarec ha sottolineato che l’unilateralismo non è la soluzione, anche nel contesto della migrazione di massa. «La soluzione non è semplice. La gestione della migrazione è un compito che dobbiamo affrontare con responsabilità, nel rispetto dei princìpi di solidarietà – ha precisato Šarec – il mondo di oggi è diverso da quello di ieri e quello di domani sarà molto diverso da oggi».

La segretaria generale della 73.ma sessione dell’Assemblea generale dell’Onu, Maria Fernanda Espinosa Garces ha concluso precisando che «il multilateralismo non è solo una questione di sopravvivenza, è l’unico modo per affrontare le sfide che richiedono la nostra risposta». E le Nazioni Unite, ha precisato, hanno tutte le “armi” per agire nello stato di diritto. –




 

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