Pahor invita Putin sul Vršic: schiaffo di Lubiana agli Usa
LUBIANA. L’occasione è il centesimo anniversario della costruzione della Cappella dei russi sul monte Vršic, struttura lignea eretta dai prigionieri russi della Prima Guerra mondiale che nel 1916 costruirono la strada lungo le pendici della montagna. Il 12 marzo di quell’anno 260 soldati russi e 60 dei loro guardiani morirono perché travolti da una valanga. I sopravvissuti eressero poi la Cappella in ricordo delle vittime. E per ricordare quei morti e per celebrare degnamente il secolare anniversario il presidente della Repubblica di Slovenia, Borut Pahor sta pensando di invitare alla cerimonia il suo omologo russo, Vladimir Putin.
Un invito che sarebbe addirittura di routine se non fosse per la situazione internazionale attuale che vede proprio la Russia colpita dalle sanzioni economiche dell’Unione europea dopo quanto accaduto in Ucraina nei mesi scorsi. Secondo le indiscrezioni della stampa slovena, Pahor avrebbe già firmato la lettera d’invito che partirà per Mosca nel corso di questa settimana.
Si tratta di una mossa diplomatica molto importante in quanto viene a cadere in un periodo in cui, come detto, i rapporti tra l’Europa e la Russia, tra gli Stati Uniti e la Russia sono al minimo storico per i noti fatti ucraini ma anche per le mosse di Mosca nello scacchiere mediorientale, leggi crisi siriana.
La visita di Putin in Slovenia, prevista per il luglio prossimo, non sarebbe comunque una visita di Stato, il presidente russo non sarebbe accompagnato da nessuna delegazione economica, né saranno firmati accordi bilaterali, si tratterebbe, dunque, di un atto di pietà nei confronti delle vittime russe del Vrši›, una sorta di ripetizione di quanto è avvenuto per il ricordo dello sbarco in Normandia.
Pahor non si è certo svegliato una mattina e si è detto: «Ma perché non invito Putin sul Vršic?». L’invito ha avuto una preparazione diplomatica che ha evidenziato l’estrema delicatezza del gesto di Lubiana. Ricordiamo che alla Conferenza sulla sicurezza a Monaco lo scorso mese lo stesso Pahor non esitò a criticare l’affermazione del premier russo, Dmitri Medvedjev che affermò: «Siamo tornati alla guerra fredda». «Un passo indietro», definì Pahor le parole di Medvedjev al quale, peraltro, personalmente disse: «Una frase disgraziata, è come il proverbio cinese: il riso se lo butti per terra poi lo raccogli ma le parole che butti in un luogo non puoi più riprenderle».
Pahor è stato oggetto nelle ultime settimane anche di forti pressioni da parte degli Stati Uniti assolutamente contrari all’invito di Putin in Slovenia. Proprio a Monaco la vice segretaria di Stato competente per l’Europa e l’Eurasia, Vicotira Nuland avrebbe cercato di convincere il capo dello Stato sloveno di rinunciare all’invito.
A favore della decisione slovena, però, gioca il fatto che a breve andrà a Mosca una delegazione austriaca di alto livello politico ed economico mentre a giugno è già confermata la visita di Putin in Finlandia. Senza dimenticare che lo “zar” lo scorso anno ha incontrato Papa Francesco in Vaticano, ha visto il premier italiano, Matteo Renzi ed è stato ricevuto dal primo ministro magiaro, Viktor Orban.
In fibrillazione per l’evento (Putin potrebbe anche recarsi a rendere onore al cimitero di Lubiana al nuovo monumento alto 5 metri dedicato ai soldati russi e sovietici morti in Slovenia) anche la Chiesa ortodossa russa e il Vaticano. Il giorno prima del probabile arrivo di Putin in Slovenia sarà, infatti, a Lubiana il capo dell’Ufficio di politica estera del patriarcato di Mosca, il metropolita Hilarion che salirà a rendere omaggio alle vittime russe del Vrši›. Potrebbe essere questa l’occasione per un ulteriore capitolo del dialogo tra Chiesa cattolica e ortodossa avviata dallo storico incontro a Cuba tra Papa Francesco e il patriarca russo Kirill.
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