Padre Stefano Visintin, dalla fisica nucleare a nuovo abate di Praglia
Da Gorizia a Trieste, fino a Roma e infine a Praglia. È l’affascinante percorso, guidato dalla fede, compiuto da padre Stefano Visintin, che si appresta a svolgere il nuovo compito di abate del monastero benedettino di Praglia, a Teolo nella campagna padovana. Eletto a maggioranza nella riunione del capitolo dello scorso maggio, padre Visintin vivrà la cerimonia di immissione canonica a Praglia sabato 5 ottobre, alle 16, con la benedizione liturgica presieduta dal vescovo Claudio Cipolla.
Per Visintin, goriziano classe 1959, sarà una sorta di “ritorno a casa”, visto che proprio a Praglia ha pronunciato i voti nel 1990, per poi essere ordinato sacerdote nel 2009. Con il suo arrivo all’abbazia si chiude di fatto un periodo di reggenza durato oltre un anno, nel quale la comunità del monastero è stata guidata da padre Timoteo Tremolada, chiamato a ricoprire il ruolo dopo che alle dimissioni di Norberto Villa non era seguita una rapida intesa sul nome del nuovo abate. «Inizio questa nuova avventura con lo spirito di chi ritorna per certi versi a casa – racconta Visintin -, da dove sono stato a lungo assente perché impegnato a Roma come insegnante a Sant’Anselmo. Non mi pongo degli obiettivi o dei traguardi particolari in questo momento, perché il mio compito sarà innanzitutto quello di ascoltare i confratelli e confrontarmi con loro, capire cosa pensano e decidere tutti insieme la strada da intraprendere. Si tratta di un cammino comune».
Pur essendo nato a Gorizia sessant’anni fa, e ritornando talvolta in riva all’Isonzo in visita a parenti, padre Visintin ha sempre vissuto lontano dal capoluogo isontino, crescendo a Muggia e studiando anche a Trieste dove, peraltro, si è laureato in Fisica Nucleare. Ma l’abate è laureato anche in Teologia alla Pontificia Università Gregoriana, parla correttamente inglese e tedesco ed è autore del saggio di scienza, filosofia e religione “Come meridiani nelle vicinanze del polo”. In questi anni a Roma ha insegnato come professore e decano della Falcoltà di Teologia del Pontificio ateneo Sant’Anselmo, di cui è stato prima vicerettore, poi, dal 2017, Magnifico rettore.
«Amo venire in Friuli Venezia Giulia quando posso, magari accompagnando altre persone, perché resto attratto dall’atmosfera aperta e multiculturale che vi si respira - dice - . Un qualcosa che per chi è nato nella nostra regione spesso è scontato, ma che invece vivendo lontano si può cogliere più pienamente. Ed è bello poterlo raccontare e svelare agli occhi di chi arriva da altre zone d’Italia o del mondo, tanto che a volte mi improvviso Cicerone». —
Riproduzione riservata © Il Piccolo