Gli ospedali di Trieste: così la storia ha segnato la salute
Nel 1905 nacque il primo pronto soccorso triestino, in via San Francesco 3, all’ombra di due gotici lampioni di ferro. Dall’ambulanza a cavallo all’idea del “castello” a Cattinara, viaggio nella storia dei nosocomi triestini
“Molto bene, trasformate l’edificio in una caserma…”. L’atto dell’imperatore Giuseppe II che, giunto a Trieste nel 1785, scelse all’improvviso di trasformare in una sede della guarnigione l’ospedale di Maria Teresa, può essere considerato come paradigmatico della storia degli ospedali triestini, caratterizzati da repentini cambiamenti, traslochi, spostamenti, grandi progetti e sedi temporanee perdurate per decenni.
Il monastero a san Giusto
Risalendo alle origini medievali, un Codice dell’Archivio Diplomatico menzionava, nel 1466, il “Civico Ospitale di San Giusto”: era un piccolo monastero con funzioni ospedaliere presente in un’area collinare, affacciata verso il mare, oggigiorno corrispondente alla Villa Sartorio, la quale non a caso ne conserva ancora traccia nelle cantine. L’ospedale era all’epoca una struttura multifunzionale: monastero, luogo di ricovero per i degenti, ospizio, casa per i malati di mente e infine ostello per i pellegrini di passaggio.
La Casa dei Poveri
Ricordava maggiormente un ospedale moderno il cosiddetto “Conservatorio Generale dei Poveri” inaugurato nel 1772: l’imperatrice Maria Teresa d’Austria, acquisendo i terreni dei Padri Mechitaristi in un’area con larga approssimazione corrispondente a piazza Oberdan, ordinò la costruzione di una “Casa dei Poveri” e “Ospitale”. Occorre ricordare come la struttura avesse una sezione detta dei “Parti Occulti” dove le madri erano libere di partorire in anonimato il figlio non voluto, sotto la protezione diretta dello Stato austriaco.
L’ordine di Giuseppe II di trasformare il Conservatorio in una caserma obbligò l’Ospitale a traslocare nell’ex episcopio di San Giusto, tra via del Castello, via delle Monache e via dell’Ospitale. Una sistemazione temporanea, specie considerando quanto fosse disagevole raggiungere la zona; eppure il Civico Ospedale di San Giusto rimase la principale struttura ospedaliera triestina fino all’inaugurazione dell’Ospedale Maggiore nel 1841.
Sanità e religioni
La crescita della città mercantile nella seconda metà del ’700 e l’avvento delle società di trasporti e assicurative nella prima metà dell’800 facilitarono il proliferare di altri, piccoli, ospedali privati. La presenza di persone di fedi e lingue attirate dalle franchigie del Porto franco esigeva avere un personale che rispettasse i limiti imposti dalle diverse religioni; e non sorprende allora come la Comunità greco ortodossa avesse progettato a lungo, senza mai usarlo davvero, un ospedale ellenico nel Palazzo Tonello di piazza Goldoni; e come a metà di via del Monte, non a caso all’altezza dove vi era un tempo il cimitero, vi era al posto dell’odierna scuola ebraica parificata un ospedale israelitico dismesso appena nel 1920.
Il corpo di un soldato è di grande interesse per lo Stato, perché ne deriva la solidità dell’esercito: ne consegue come, accanto alla caserma giuseppina, fosse stato costruito già nel 1789 un Ospedale militare, oggigiorno in via del Coroneo.
Il nuovo Ospedale Militare
Il trauma della primavera dei Popoli del 1848 impose un rafforzamento militare che, a propria volta, richiese nuove strutture ospedaliere: il gotico quadrato – dall’architettura possente e chiusa, caratteristica di un castello o di una fortificazione – trasmette bene quest’esigenza di sicurezza e non a caso compare irto di merli e torrioni il nuovo Ospedale Militare di via Commerciale Nuova, oggi via Fabio Severo.
Inaugurato nell’anno di Sadowa e della terza guerra d’indipendenza (1866), l’Ospedale vide il suo periodo di maggiore attività durante la Prima guerra mondiale, quando accolse i superstiti del 97° reggimento di fanteria Freiherr von Waldstätten.
Le ambulanze a cavalli
La crescita demografica di Trieste nell’Ottocento, avviata all’essere una città metropolitana, comportò anche la necessità di un servizio di autoambulanze, dapprima a cavalli: la prima stazione fu in via San Francesco 3, all’ombra di due gotici lampioni di ferro. Il palazzo, progettato dall’architetto Enrico Nordio nel 1898 sulle ceneri del teatro Mauroner, divenne così il primo pronto soccorso triestino nel 1905.
Il Sanatorio
Ma il diciannovesimo secolo, dopo aver superato le pestilenze dei secoli precedenti, fu caratterizzato soprattutto dalle malattie polmonari, in primis la tubercolosi. I lettori della “Montagna Incantata” di Thomas Mann disponevano a Trieste dal 1897 del Sanatorio Triestino, collocato in una via Domenico Rossetti all’epoca aperta campagna. Lo storico Luca G. Manenti non a caso definì la struttura “una replica in sedicesimo, per dimensioni e collocazione, dei sanatori d’alta quota che stavano allora riscuotendo enorme successo in Europa”. Inseguendo la moda anche l’Hotel all’Obelisco, nel 1901, divenne una “Rinomata Stazione Climatica”, definendosi “La Svizzera dell’Adriatico” e reclamizzando l’aria pura lontana dal polveroso centro città.
Pineta del Carso
L’esigenza di cura delle malattie polmonari tuttavia perseverò a Trieste oltre la Belle Époque: risale infatti ancora al 1933 la nascita del sanatorio di Pineta Del Carso, il quale sfruttava i vantaggi dell’aria carica di resina del bosco onde avere una struttura per la cura delle malattie polmonari, affiancata in ciò dall’ormai scomparso ospedale Santorio (1950). La Pineta del Carso è stata acquisita nel 2019 a propria volta dal Policlinico Triestino, nato nel 1922 negli ambienti Poliambulanza di via San Francesco, la cui casa di cura Salus di via Bonaparte risale invece al 1961.
La costruzione di Cattinara
La costruzione dell’ospedale di Cattinara, tra il 1965 e il 1983, ha innescato in tal senso una centralizzazione dei servizi ospedalieri finora assente, ponendo fine a una presenza locale dei servizi sanitari.
Se il progetto di uno specialista quale il veneziano Domenico Calabi prevedeva un sistema di corti interne, gli architetti Luciano Semerani e Gigetta Tamaro preferirono costruire una sorta di castello con due torri riservate alle degenze e il corpo orizzontale per la cura e le diagnosi. Se le torri hanno permesso di rendere l’Ospedale facilmente individuabile in qualsiasi parte della città, l’hanno d’altronde resa vulnerabile ai venti di Bora. L’architetto Romano Boico ironizzava durante la costruzione di non capire “dove sta scritto che un ospedale, per essere tale, deve svilupparsi in altezza. Si figuri i malati al 14esimo piano: si sentiranno già in Paradiso. ..” .
Dopotutto i castelli non sono strutture, di per sé, ospitali; e Cattinara, collocata sulla cima di un colle, rimane tutt’oggi lontana dalle città, specie per una popolazione triestina anziana e fragile. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo