«Ospedali, a Trieste già tanti tagli»

Confalonieri: in vent’anni via cinque nosocomi pubblici e due cliniche private, 3mila posti letto su 3904
Foto BRUNI TRieste 21 01 10 Ospedale Cattinara
Foto BRUNI TRieste 21 01 10 Ospedale Cattinara

«Non corrisponde al vero che negli ultimi 20 anni non siano stati chiusi ospedali, ciò è vero per Pordenone e Udine, a Trieste si sono chiusi 5 ospedali pubblici e due cliniche private, 3000 posti letto su 3904». Così l’altro giorno al convegno sul futuro della sanità alla luce della “rivoluzione” imminente che ne farà la riforma regionale il direttore di Pneumologia Marco Confalonieri ha puntato i fari sul ruolo dell’ospedale di Trieste che tantissimi primari temono sia in bilico, anche se la Regione rassicura (e specificamente il Pd con energia).

Confalonieri ha ricordato di “aver chiuso” l’ospedale pneumologico Santorio (oggi sede della Sissa), «394 posti letto - ha detto - riducendoli ai 17 di Cattinara, e ampliando a 25 mila le prestazioni ambulatoriali». Dunque la città le sue riforme le ha fatte, ma non è questo l’unico messaggio, anche Confalonieri ha ribadito che «la Regione deve puntare sulla realtà scientifica del capoluogo (visto che la medicina di domani sarà, e in parte è già, molecolare-genetica e rigenerativa), un capoluogo - ha aggiunto - che come tanti capoluoghi regionali italiani non è baricentrico, ma è baricentrico rispetto all’Europa».

In allegato la richiesta che la Regione finanzi appunto la medicina molecolare, visto che proprio la politica regionale aveva a suo tempo destinato i trapianti a Udine e questa specialità scientifica a Trieste: «I trapianti a Udine hanno ricevuto da Giunte di vario colore i fondi necessari, ma a Trieste non un solo euro è mai arrivato per la medicina molecolare».

I medici triestini dicono di lanciare appelli non per stanca difesa del solito campanile o di propri privilegi, ma facendo “scientificamente” base sul testo regionale che contiene le linee di fondamento della riforma, dove alcuni paragrafi fanno temere che Trieste non possa conservare quel “secondo livello” che non è solo un titolo, ma un contenitore di Cardiochirurgia, Neurochirurgia, Chirurgia plastica, Emodinamica, Chirurgia vascolare, Medicina nucleare , Pneumologia interventistica e altre alte specialità che secondo il decreto dell’ex ministro Balduzzi possono esistere solo con un bacino di utenza di 600 mila abitanti. La fusione di Azienda ospedaliera e Azienda sanitaria darà un bacino provinciale di 240 mila abitanti. Proprio al decreto Balduzzi si richiama la Regione nel prevedere il mantenimento o meno di reparti. E aggiunge: «La presenza di tanti presidi ospedalieri favorisce atteggiamenti di concorrenzialità insana che sfocia nell’accaparramento dei casi, con il risultato di disseminare in troppe strutture casistiche che per motivi di sicurezza e di miglioramento degli esiti andrebbero concentrate». E ancora: «Negli ospedali di Udine, Trieste, Pordenone-Cro sono presenti numerose duplicazioni di strutture che comportano il mancato rispetto degli standard di riferimento nazionale per i quali sono previsti determinati bacini di utenza». Tra le strategie da adottare, «riduzione di reparti di chirurgia generale e ortopedia», «superamento di alcuni doppioni interni alle aziende ospedaliero-universitarie» anche «integrando le funzioni di didattica e ricerca alle attività assistenziali».

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