«Ciao Bicicletta Rosa». Addio a Orietta Marin, insegnante e sportiva
Si è spenta dopo una vita dedicata alla scuola. Il funerale si terrà sabato a mezzogiorno nella chiesa di Barcola

La “Bicicletta Rosa” non c’è più, è volata via; se l’è presa il male incurabile fulminante che ha prematuramente stroncato la professoressa Orietta Marin, a suo modo un’icona nel contesto femminile, e non solo, triestino, negli ultimi decenni. Dell’amore innato per l’acqua, il sole e la natura da una parte e dell’insegnamento scolastico, della cura del corpo e il fitness dall’altra aveva fatto la sua filosofia di vita.
Ranista ederina di discreto valore coltivò il suo amore per l’attività motoria e dopo il Dante si laureò a Roma, alla Farnesina, in Educazione fisica. Ritornata a Trieste si dedicò subito all’insegnamento, conseguì l’abilitazione per esercitare la delicata e impegnativa specializzazione di supporto ai disabili esercitata al Rittmeyer; successivamente operò per decenni in buona parte delle scuole medie cittadine, chiudendo la carriera proprio al Dante, da dove era partita.
Di spirito liberale ma anche votata al rispetto del rigore e della disciplina, di carattere estroverso e intenso ma anche rapidamente mutevole, ha suscitato tra gli allievi forti amori e non pochi odii. Per strada incontrava sempre tanti suoi studenti, tutti la rincorrevano per salutarla, li ricordava tutti: «Quello che ora mi ringrazia? Era uno dei più terribili con cui ci scontravamo sempre».
Accanto all’insegnamento scolastico dedicò la sua vita fino all’ultimo alla cultura fisica del corpo. Dotata di una notevole capacità di intravvedere in anticipo mode e tendenze fu sempre tra le prime insegnanti nel promuovere le varie specialità dell’esercizio fisico che di volta in volta uscivano alla ribalta. Fu tra le pioniere della Danza terapia lanciata dalla guru mondiale Maria Fuchs, dello yoga, poi degli esordi dell’Aerobica, quindi dell’avvento dell’Acqua Gym, fu pioniera nella diffusione del Pilates; era in costante aggiornamento, studio, allenamento, amava frequentare le scuole della Florida aborriva l’improvvisazione, la mancanza di professionalità. Tenne corsi nelle più affermate palestre della città.
Femminista (ma sempre con moderazione) dell’epoca eroica, contraria alle “quote rosa”, ambientalista convinta non volle mai prendere la patente di guida e anche qui contribuì non poco a diffondere l’uso urbano della bicicletta: la sua bicicletta rosa fu un mito in città; in tanti la riconoscevano ancora semplicemente con un “Ciao Bicicletta Rosa”. Chiuse con la scuola senza rimpianti: «Troppo difficile ormai, troppa maleducazione, poca disciplina, nessun rispetto», diceva con tristezza.
Empatica, comunicativa, sempre disponibile, con un’accogliente parola per tutti, fu impegnata nel sociale, nella presidenza del Cif, Centro italiano femminile, movimento per la promozione della donna di ispirazione cattolica. Amante e sempre anticipatrice nella moda del bello e del gusto, fu pure tra gli animatori del capitolo triestino dell’Accademia italiana della cucina. Voleva sempre conoscere e sperimentare i più rinomati chef stellati, non lesinando a gran parte di essi severe critiche.
«La cucina – diceva – è veramente un’arte, perché consente di dar sfogo alla fantasia, alla creatività, alla propria libertà di esprimersi, pur nel rispetto dei canoni». Per lei in effetti erano le cose più preziose della vita. È l’ultimo insegnamento che ci regala con la sua travolgente risata e lo sfolgorante contagioso sorriso. La cerimonia funebre si terrà sabato 26 con inizio alle 12 nella chiesa di Barcola.
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