Orbán ripropone con il calcio il mito della Grande Ungheria

Il premier magiaro inaugura una scuola di football a Backa Topola in Vojvodina dove vive una folta minoranza ungherese. Analoga “strategia” in Romania
epa07033892 Prime Minister of Hungary Viktor Orban arrives for the European Union's (EU) Informal Heads of State Summit in Salzburg, Austria, 20 September 2018. EU countries' leaders meet on 19 and 20 September for a summit to discuss internal security measures, migration and Brexit. EPA/CHRISTIAN BRUNA
epa07033892 Prime Minister of Hungary Viktor Orban arrives for the European Union's (EU) Informal Heads of State Summit in Salzburg, Austria, 20 September 2018. EU countries' leaders meet on 19 and 20 September for a summit to discuss internal security measures, migration and Brexit. EPA/CHRISTIAN BRUNA

BELGRADO Calcio e politica: una combinazione che risulta spesso vincente, non solo in Italia, per conquistare consenso politico e il favore popolare. E non è ignorata in altre parti d’Europa. Viene sfruttata abilmente e con successo anche nell’Europa centro-orientale e nei vicini Balcani. Viktor Orbán, il leader magiaro sempre meno “paria” in Europa grazie all’ascesa dei sovranisti, sta da tempo usando il pallone per espandere la sua influenza anche nei Paesi vicini all’Ungheria, nelle zone abitate da folte minoranze magiare. Zone come la Vojvodina, nord della Serbia, dove almeno un 13% della popolazione è d’origine ungherese.

Proprio in Vojvodina, a Backa Topola, trentamila abitanti di cui quasi il 60% ungheresi, Orbán è sbarcato per inaugurare una “accademia del football” fondata con i denari distribuiti dall’Ungheria. L’accademia - con campo da calcio, impianti sportivi e strutture collegate - è stata finanziata dal Consiglio nazionale per il calcio magiaro con ben 9,3 milioni di euro. L’obiettivo è radicare l’idea che il calcio sarebbe «la lingua comune dell’Europa centrale», ha detto Orbán. Ed è «solo dell’inizio», è stata la promessa, apprezzata dai partiti espressione della minoranza magiara: dopo Backa Topola seguiranno molti «altri centri sportivi» e tanti altri eventi per «migliaia di bambini».

Ma perché l’Ungheria dovrebbe investire così tanti soldi in Vojvodina? Perché, ha ammesso l’ufficio del primo ministro, il governo Orbán ritiene che «la nazione ungherese comprenda quindici milioni di compatrioti», non solo i dieci che vivono sul territorio nazionale, quindi anche quelli “rimasti” nei Paesi confinanti dopo il trattato del Trianon che nel 1920 amputò Budapest di due terzi dei suoi territori. E il calcio è un altro modo per mantenere influenza sulle minoranze ungheresi.

Il “soft power” di Orbán attraverso il calcio non è stato attuato solo in Vojvodina. In Romania, dove sono sempre caldissime le tensioni attorno alla minoranza magiara, nei mesi scorsi sono state osservate scene simili a quelle di Backa Topola per l’inaugurazione della “football academy della terra degli Szekely”, anche qui in partnership con la Puskas Akademia di Felcsút, il villaggio di soli 1700 abitanti dove Orbán è cresciuto e dove - fortemente voluto dal premier – è sorto nel 2014 un mega-stadio da 4 mila posti, la Pancho Arena, un gioiellino al centro di aspre polemiche. In Croazia un potente affarista vicinissimo a Orbán, Lorinc Meszaros, anche lui di Felcsút, ha messo le mani sulla storica squadra croata dell’Osijek. E pure lì, ha scritto il ben informato “The Football Pink”, ci sarebbe una academy sostenuta dai sussidi di Budapest. Il filo rosso che lega gli episodi è l’uso dello sport per raccogliere consensi in patria, riportandolo ai fasti del passato. —


 

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