Oms, il virus dilaga dalla Cechia al Kosovo
BELGRADO Un quadro nero quasi ovunque, nel Vecchio continente. Ma più fosco che altrove nei Balcani e in ampie parti dell’Europa centrale. È l’allarmante diagnosi dell’attuale situazione epidemiologica resa pubblica giovedì 18 marzo dall’Organizzazione mondiale della sanità. Oms che, per bocca di Catherine Smallwood, una delle più alte funzionarie responsabili delle emergenze per l’organizzazione, si è detta «particolarmente preoccupata» per la violentissima espansione della pandemia nella regione balcanica e nella Mitteleuropa, area che sta registrando livelli di ospedalizzazioni e di decessi causati dal Covid fra i più alti al mondo.
«L’incidenza dei casi» in Europa «sta continuando a crescere» e l’onda maligna «si sta spostando verso Est», ha confermato il direttore regionale Oms, Hans Kluge. «Siamo particolarmente angosciati dalla situazione epidemiologica dei Balcani e di molti Paesi dell’Europa centrale», ha affermato Smallwood, senza menzionare le nazioni che preoccupano l’Oms. Ma suggerendo che si tratta di Stati che «erano stati fra quelli più efficaci nel controllo della malattia nei primi sei mesi del 2020», mentre ora sono entrati in una «fase acuta».
E che fa paura. Fra essi, la Bosnia, che nelle prime due settimane da marzo ha registrato 350 decessi, 10,6 per 100 mila, il doppio della media europea, secondo gli ultimi dati del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc). Bosnia, casa di circa tre milioni di persone, dove le positività stanno letteralmente esplodendo negli ultimi giorni – sono state 1.738 ieri, 57 i morti – mentre gli attualmente infetti sono schizzati oltre quota 20.000. A preoccupare in particolare la situazione a Sarajevo, con il Centro clinico cittadino che ha ricevuto ieri una boccata d’ossigeno, con il rifornimento ai silos dove è stoccata l’”aria” per i pazienti gravi. Si è evitato così un dramma nel dramma, dopo che la direttrice dell’ospedale, Sebija Izetbegović, aveva avvisato che la clinica aveva un’autonomia «di 48 ore».
Ma non c’è solo la Bosnia. Si guardi, ad esempio, alla Cechia, vero epicentro dell’epidemia in Europa, con 162 mila nuovi casi a marzo e quasi 3 mila morti in due settimane. E al piccolo Montenegro, Paese di 600 mila abitanti dove sono stati quasi 8 mila i contagi a marzo (1.263 per 100.000), i decessi 126. Tsunami di nuove infezioni che ha investito anche l’Ungheria di Orban, quasi 100 mila in due settimane e più di 2 mila decessi, malgrado l’accelerazione della campagna vaccinale grazie a Sinopharm e Sputnik.
E poi la Serbia, altro Paese al top in Europa per vaccinati, con 57 mila nuovi contagi a marzo. Balcani ed Est Europa che anche nella triste classifica dei decessi per Covid , purtroppo, svettano. I primi dieci Paesi per morti in rapporto alla popolazione a marzo fanno parte infatti tutti dell’Europa centrale e balcanica: prima la Cechia (27,3 per 100 mila), seguita da Slovacchia (24,4), Ungheria (20,7), Montenegro (20,2), Bulgaria (15,6), tornata da ieri in mini-lockdown, poi Bosnia (10,3), Estonia (9,8), Moldova (9,4) Polonia (8,9) e Macedonia del Nord (8,7). —
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