Omicidio di Limena, il pagamento delle bollette all’origine del litigio finito in tragedia

A scatenare la furia la richiesta di denaro fatta da Bergamin. Da diversi giorni tra i due c’erano discussioni continue

Alice Ferretti
I carabinieri del Nucleo investigativo di Padova eseguono degli accertamenti nella casa di Limena (foto Piran)
I carabinieri del Nucleo investigativo di Padova eseguono degli accertamenti nella casa di Limena (foto Piran)

Il pagamento di alcune bollette. Questo potrebbe aver scatenato la furia omicida di Alessio Battaglia, 40 anni, in carcere per l’omicidio volontario di Franco Bernardo Bergamin, 80 anni.

È questa l’ipotesi che si fa sempre più strada nella ricerca del movente del delitto di via Papa Giovanni Paolo XXIII, a Limena.

Da qualche mese Franco Bernardo Bergamin ospitava nel suo appartamento Alessio Battaglia e la sua compagna, entrambi originari del Friuli Venezia Giulia. Secondo i primi accertamenti sembra che il 40enne non pagasse né una sorta di affitto e neppure le spese, che sosteneva per intero Bergamin. Ma verso la metà di febbraio le cose hanno iniziato a cambiare.

L’ottantenne ha cominciato a chiedere a Battaglia che pagasse almeno le bollette che, essendo i consumi notevolmente aumentati da una a tre persone, arrivavano più salate del solito. Da qualche giorno prima dell’omicidio i due avrebbero iniziato a discutere della questione, anche in maniera piuttosto accesa.

Bergamin voleva i soldi e Battaglia non ne voleva sapere di darglieli. L’anziano poi era stato visto da alcuni vicini di casa, un paio di giorni prima dell’omicidio, con alcuni lividi all’altezza della testa, cosa che con il senno di poi ha fatto ipotizzare a un comportamento violento da parte di Battaglia verso l’ottantenne.

Gli investigatori, oltre ad aver sentito ovviamente la versione dei fatti di Alessio Battaglia, hanno sequestrato i cellulari di entrambi, e ora cercano di capire se ci siano elementi che possano supportare questa ipotesi o che possano aprire altre strade.

L’omicidio

Come ha confessato lo stesso Battaglia davanti ai carabinieri e al pubblico ministero Marco Brusegan che l’hanno sentito in un primo momento, il 40enne avrebbe ucciso Franco Bernardo Bergamin la notte del 22 febbraio.

Al culmine di un acceso litigio, probabilmente proprio a causa del pagamento di alcune bollette, tra i due sarebbe nata una violenta colluttazione.

Battaglia, come emerge dall’autopsia effettuata dal medico legale Antonello Cirnelli, avrebbe provocato la frattura dell’osso del collo di Bergamin, facendogli ruotare la testa e interrompendo così il flussi del midollo. Una manovra che avrebbe portato l’anziano a una morte rapida.

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Franco Bergamin

Nell’appartamento di Limena quella notte era presente anche la compagna di Battaglia, che però secondo gli investigatori, a cui ha rilasciato dichiarazioni coerenti, non sarebbe in alcun modo coinvolta nel reato. La donna infatti non si sarebbe accorta dell’omicidio commesso dal fidanzato. Molto probabilmente però ha sentito i colpi violenti dovuti alla lite e alla colluttazione. Rumori che tra l’altro la notte del 22 febbraio hanno sentito chiaramente anche alcuni vicini di casa dell’ottantenne.

L’occultamento di cadavere

Preso dal panico subito dopo aver ucciso Bergamin, ha nascosto il corpo infilandolo in due sacchi dell’immondizia e chiudendolo dentro a un armadio. «Non ero in me», ha dichiarato, seppur in maniera fredda e distaccata, davanti al pubblico ministero Brusegan e ai carabinieri. Dopo aver cosparso tutta la stanza con del profumo per l’ambiente per evitare che l’odore del corpo in decomposizione potesse attirare l’attenzione di qualcuno, ha sigillato la porta con del nastro adesivo.

I tre giorni successivi lui e la compagna sono rimasti nell’appartamento di Limena, fino a quando il 28 febbraio non sono partiti insieme alla volta del Friuli Venezia Giulia.

Battaglia si è rifugiato a casa di un amico a Monfalcone, dove il pomeriggio del 6 marzo, un giorno dopo il ritrovamento del corpo dell’anziano, i carabinieri non l’hanno scovato. Posto in stato di fermo ha fatto fin da subito le prime ammissioni di colpa. È stato poi condotto in carcere a Padova, dove sabato si è tenuto l’interrogatorio di garanzia davanti al gip Laura Alcaro e la convalida dell’arresto.

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La personalità

Originario di Trieste, Alessio Battaglia ha alle spalle diversi precedenti penali e una denuncia recente per maltrattamento. Non ha una residenza, non ha la patente di guida e neppure un lavoro. Finora avrebbe condotto una vita piuttosto borderline, fatta di espedienti e spesso e volentieri di uso di droghe.

Quando è stato trovato dai carabinieri a Monfalcone è parso sorpreso in da subito ha dimostrato un atteggiamento distaccato, freddo, anaffettivo, come se quello che era successo non lo riguardasse.

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