Omicidio in Messico, sotto protezione la moglie di Alex

A Mazunte la polizia ha paura che i narcos vogliano eliminare anche lei: ha sentito l’ultima telefonata del marito, chef triestino

Un mistero sempre più fitto dietro all’esecuzione di Alex Bertoli, il cuoco triestino di 28 anni seviziato, torturato e bruciato vivo nel piccolo paese di Mazunte in Messico. Probabilmente vittima dei sicari di una gang che fa riferimento al Cártel del Golfo, i più grandi trafficanti di droga al mondo.

La moglie Pamela, 24 anni, è dal giorno dell’omicidio tenuta sotto protezione dagli agenti dell’Agenzia statale di investigazione, l’Fbi messicana. Gli 007 temono che la donna possa essere a sua volta uccisa dai criminali del cartello della droga, gli stessi assassini di suo marito. Perché forse sa qualcosa. Perché era vicino a lui quando ha ricevuto l’ultima telefonata. Quella dopo la quale poi è scomparso tragicamente.

Ma c’è di più. Secondo alcune fonti messicane, per due giorni subito dopo l’omicidio, Pamela è stata tenuta all’oscuro di ciò che era successo al suo Alex. Lei che vive nel ristorante “La dolce Vita” sulla spiaggia dorata lo ha cercato disperata e invano ma nessun poliziotto le ha detto nulla. Risposta: «Non ci risulta che sia scomparso. Forse è andato via». E invece Alex era stato arso vivo da una banda di narcos. E i poliziotti messicani lo sapevano.

Secondo la ricostruzione dei fatti l’omicidio efferato sarebbe avvenuto venerdì 3 maggio e non domenica come si era saputo in un primo momento. Il cadavere del cuoco è stato rinvenuto in un campo al confine con il paese della costa pacifica il giorno seguente (sabato) attorno alle 13. Ma la moglie, si è saputo, è stata avvisata solo nel pomeriggio della domenica, quando appunto è scattato l’allarme.

Non solo. Gli agenti messicani hanno puntato al silenzio. L’hanno invitata a non contattare le autorità diplomatiche italiane fino al loro via libera che è arrivato dopo due giorni. Perché tutto questo riserbo? Perché l’hanno tenuta nascosta per due giorni e tuttora la stanno proteggendo?

Ieri sul quotidiano on line “Milenio” è apparsa la notizia che il ministero degli Esteri italiano dopo aver ottenuto, tardivamente ma senza colpa, informazioni sull’omicidio di Alex Bertoli ha chiesto formalmente alle autorità messicane che l’indagine sia condotta dalla procura generale della Repubblica escludendo quella di Oaxaca, capitale dello stato del sud a circa 700 chilometri da Mazunte, competente per territorio. In pratica pare che gli italiani non si fidino delle indagini condotte localmente ma appunto abbiano chiesto l’intervento di un organo investigativo superiore e soprattutto adeguato alla gravità del crimine. «Ci siamo messi a disposizione della signora Pamela. Siamo pronti a proteggere sia lei che sua madre (Cristina Vianello è giunta l’altra sera a Mazunte, ndr) se ovviamente ne dovessero aver bisogno», dicono all’ambasciata di Città del Messico gettando acqua sul fuoco. Ma altro non aggiungono.

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