Omicidio Giraldi, la Cassazione “grazia” Fiore
Pochi indizi, scarni e soprattutto incompleti a carico di Antonio Fiore, 42 anni, conosciuto con il soprannome di Anton, ritenuto dai pm Federico Frezza e Lucia Baldovin il secondo responsabile dell’assassinio del tassista Bruno Giraldi. Questo emerge dal provvedimento della Corte di Cassazione con cui è stato rigettato il ricorso dei pm sulla pronuncia del tribunale del Riesame che nel novembre dello scorso anno aveva liberato Fiore “cancellando” gli effetti dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere che, pochi giorni prima, lo aveva raggiunto. Sono infatti state depositate le motivazioni della sentenza dei giudici della prima sezione penale della Cassazione presieduta da Severo Chieffi, giudice relatore Lucia La Posta. Motivazioni che di fatto “smontano” buona parte dell’impianto accusatorio. Tutto questo avviene alla vigilia dell’udienza preliminare a carico di Anton prevista per domani mattina davanti al giudice Giorgio Nicoli.
I giudici della Suprema corte osservano, tra l’altro, come l’attribuibilità a Fiore della pistola usata per commettere l’omicidio del tassista Bruno Giraldi avvenuto nella notte tra il 22 e il 23 novembre 2003 per il quale Fabio Buosi ha già scontato la condanna a 18 anni «sia soltanto probabile» e dunque non certa. Ma c’è di più. I giudici non accettano la ricostruzione della procura riguardo al fatto che la presenza della pistola di Fiore sul luogo del delitto presupporrebbe anche la presenza dello stesso. Il motivo è che questo aspetto così determinante non è infatti stato verificato dagli accertamenti investigativi.
La Cassazione si rifà anche a quanto emerso nel processo a carico di Buosi. E cioè che Buosi si trovava da solo sul luogo del delitto. Insomma, le indagini a carico di Fiore, secondo la Cassazione, hanno evidenziato solamente ipotesi plausibili, teorie investigative, ma al momento nulla di più.
Non a caso i giudici della Corte rilevano poi la mancanza di apporti utili da parte di Buosi che persiste nella scelta della reticenza. In effetti le prove a carico di Antonio Fiore sono costituite sostanzialmente dalle dichiarazioni di Alfonso Forgione, 32 anni, ex amico dello stesso Fiore. I pm Federico Frezza e Lucia Baldovin lo hanno interrogato per tre volte. Tante quante i poliziotti e i carabinieri sono andati a prenderlo a Napoli, dove abita, per accompagnarlo a Trieste. Alla fine Forgione ha ceduto. Ha detto: «Ho parlato solo dopo undici anni perché avevo paura. Ora mi sento pulito».
Poi Forgione, che fino a qualche anno fa abitava a Trieste, in largo Santorio, ha raccontato delle confidenze avute dall'amico d’infanzia: «Dopo circa due mesi (dall'omicidio, ndr.) in un nostro incontro casuale mi ha detto testualmente: “Hai visto il telegiornale?” e poi: “Ho ammazzato io quel tassista”. Gli ho chiesto: cos’hai combinato? Fiore ha risposto con un “sì”. Io sono rimasto senza parole, non sapevo che cosa dire».
Ma, secondo i giudici della Cassazione proprio queste dichiarazioni di Forgione (dalle quali poi si è concretizzata l’azione penale nei confronti di Fiore) sono di scarno contenuto in ordine alla valenza indiziaria. Ma anche e soprattutto riguardo le modalità definite suggestive con le quali il testimone era stato esaminato.
Insomma, dalla sentenza depositata nei giorni scorsi emerge un quadro di grande incertezza sugli elementi riguardo i quali avrebbe dovuto basarsi la legittimità della custodia cautelare a carico di Fiore. E come come ha ripetutamente sottolineato il difensore di Anton Fiore, l’avvocato Giovanna Augusta de’ Manzano, mancano le prove che Anton sia stato il complice di Fabio Buosi che, al momento, è stato l’unico condannato per il fatto di sangue.
Certo è che adesso con il deposito del provvedimento, la decisione della Suprema corte mette un’ulteriore ipoteca sugli esiti del giudizio nei confronti dello stesso Fiore che comunque, seppur libero, è indagato per omicidio volontario del tassista Giraldi.
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