Omicidio Giraldi, Buosi a casa dopo 7 anni

Lunedì scorso ha lasciato il carcere di Padova per espiare il residuo della pena nell’abitazione dei genitori
Di Matteo Unterweger

Da lunedì scorso, Fabio Buosi è tornato a casa, nell’abitazione dei suoi genitori. Il quarantenne, condannato nel maggio del 2007 dalla Corte d’Assise d’Appello di Trieste a 18 anni (pronuncia poi confermata dalla Corte di Cassazione) per l’omicidio del tassista Bruno Giraldi avvenuto nel novembre 2003 e per calunnia, finirà infatti di espiare la pena nell’appartamento di via Schiaparelli: i giudici del Tribunale di sorveglianza di Venezia hanno concesso a Buosi la detenzione domiciliare per il periodo residuo da scontare. La pena si esaurirà il 19 agosto del 2015. Nell’ordinanza del collegio giudicante presieduto da Giovanni Maria Pavarin e composto anche dai magistrati Marcello Bortolato, Giovanni Battilotti e Salvatore Bazzano, viene inoltre stabilito che Buosi può uscire di casa ogni giorno dalle 9 alle 12. La vigilanza sul rispetto dei termini definiti dal Tribunale di sorveglianza di Venezia è stata affidata alla questura di Trieste.

Buosi è uscito lunedì scorso dal carcere di Padova, dove era detenuto dall’aprile del 2008 dopo cinque anni di arresti domiciliari. Come evidenziato dai giudici nell’ordinanza, la pena per il reato di omicidio è stata interamente espiata: il periodo residuo da scontare è dunque relativo alla calunnia (per cui, nello specifico, la pena era stata di due anni), cioè al fatto di aver ingiustamente accusato un altro uomo con cui aveva avuto una relazione di essere stato l’autore del delitto, un’accusa poi ritrattata. Buosi si è sempre detto estraneo all’omicidio di Bruno Giraldi, professandosi innocente: una posizione ribadita a più riprese anche dal suo avvocato difensore, Sergio Mameli.

Il Tribunale di Sorveglianza di Venezia rileva, nelle motivazioni dell’ordinanza, come da Buosi «nei colloqui con il magistrato di sorveglianza nonché in sede di camera di consiglio nella precedente procedura avanti al Tribunale (ove si discuteva della concessione di una semilibertà, novembre 2012) sono emersi elementi di significativo mutamento del suo atteggiamento in ordine, innanzitutto, al reato di calunnia (che attribuisce alla pressione subita durante l’interrogatorio durato molti giorni e di cui ha riconosciuto in maniera ampia il disvalore nonché le gravi conseguenze derivate alla persona ingiustamente accusata) pur mantenendo una posizione di assolutà estraneità al reato di omicidio di cui si ritiene ingiustamente condannato». Inoltre i giudici scrivono che la condotta in carcere è stata «regolare» e i «permessi hanno avuto tutti esito positivo», aggiungendo poi che «il rischio di recidiva è venuto meno» e che «non si ravvisano controindicazioni sotto il profilo del pericolo di fuga anche alla stregua del residuo ormai pari a 18 mesi».

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