Omicidio dei fidanzati, tutti gli indizi che portano a Ruotolo

La ricostruzione dettagliata delle indagini dalla viva voce del procuratore capo Martani: il movente, le bugie, i messaggi minatori, il senso di colpa, il tentativo di depistaggio. L'arresto è scattato solo ora per il pericolo di inquinamento delle prove
Trifone Ragone in palestra; nei riquadri, sopra ci sono Giosuè e Rosaria; sotto, le due vittime
Trifone Ragone in palestra; nei riquadri, sopra ci sono Giosuè e Rosaria; sotto, le due vittime

PORDENONE «Esistono gravi indizi di colpevolezza nei confronti di Giosuè Ruotolo per i quali si è evidenziata la sussistenza di esigenze cautelari: nel caso specifico ha inciso il pericolo di inquinamento delle prove poste in atto tanto da Ruotolo quanto dalla fidanzata Maria Rosaria Patrone». Lo ha detto il Procuratore di Pordenone Marco Martani nella conferenza stampa convocata dopo l'arresto dei due indagati per il duplice omicidio di Trifone Ragone e Teresa Costanza.

GLI INDIZI. «Il quadro giudiziario nei confronti di Ruotolo si è andato progressivamente aggravando - ha precisato Martani - anche se dal mese di ottobre, dopo il primo interrogatorio, gli elementi a carico dell'indagato erano già molto consistenti. Siamo nel più classico processo di carattere indiziario: non c'è Dna, né qualcuno che ha visto l'omicidio o il momento in cui si disfaceva dell'arma». «Siamo persuasi - ha sottolineato il Procuratore - che Ruotolo fosse presente sul luogo del delitto nelle fasi in cui questo si consumava: il suo veicolo, per sua stessa ammissione postuma, si trovava a otto metri e mezzo da quello delle vittime. Tuttavia la sua vettura è stata ripresa dalla videosorveglianza subito dopo nella zona del parco di San Valentino, esattamente dove poi è stata ritrovata l'arma del delitto. Fondamentale è stato il ruolo della tecnologia e la presenza delle telecamere della videosorveglianza».

Fidanzati uccisi a Pordenone, svolta dopo un anno: arrestato Giosuè Ruotolo
Giosuè Ruotolo in una foto d'archivio

IL TESTE CHIAVE. «Testimone chiave è il runner, un atleta che stava facendo jogging attorno al palazzetto dello sport», ha continuato il Procuratore capo di Pordenone. «Ha incrociato le vittime - ha aggiunto Martani -, che ricorda mentre stavano per salire sulla loro auto, incamminandosi lungo via Amendola, indicando precisamente ai carabinieri la zona dove si trovava in quell'istante. Lo stesso atleta ha completato il proprio allenamento nella stessa zona del parco di San Valentino. Si tratta di 420 metri percorsi in un lasso di tempo compreso tra due minuti e mezzo e tre minuti. La medesima telecamera inquadra trenta secondi prima la vettura di Ruotolo: cioè poco dopo che l'omicidio è stato commesso. La vettura di Ruotolo si doveva quindi per forza trovare nel luogo in cui l'omicidio è stato commesso».

LE TELECAMERE. La stessa vettura, per Martani, «in una seconda curiosa coincidenza si ferma nel parco di San Valentino per un percorso di jogging: il tempo dichiarato da Ruotolo è incompatibile col tracciato riferito. Il percorso è invece compatibile con la possibilità di raggiungere la zona del laghetto dove è stata trovata la pistola. Non è vero nemmeno che la sosta fuori dal palasport è durata solo dieci minuti, ma almeno 25 minuti prima del momento in cui lo ritraggono in uscita dal parcheggio. Ruotolo è quindi rimasto nel parcheggio per molto tempo e tanti stalli si erano nel frattempo liberati: inverosimile quindi che egli si sia fermato per soli dieci minuti e senza poter lasciare l'auto in sosta in un parcheggio, come dichiarato per giustificare la propria presenza e l'improvvisa decisione di andarsene - ha concluso - proprio nei secondi in cui l'efferato crimine veniva consumato».

La scientifica sul luogo del delitto la sera del 17 marzo 2015
La scientifica sul luogo del delitto la sera del 17 marzo 2015

L'UCCISIONE DI TERESA. «Primo e più grave "inquinamento della prova" è stato l'omicidio di Teresa, perché era Trifone il soggetto di cui Ruotolo si voleva vendicare, ma Teresa avrebbe potuto mettere gli inquirenti sulla pista giusta raccontando i dissidi recenti coi due fidanzati», ha spiegato il giudice Marco Martani. «Ruotolo - ha aggiunto Martani - aveva dato corso a numerose cancellazioni sospette dal pc e dal telefonino. La prima avviene nella serata del 18 settembre, il giorno in cui i media diffondono la notizia. Comportamento reiterato nelle settimane seguenti. Vengono cancellati anche dati dal pc di Somma Vesuviana, forse da parte del fratello, che procede a cancellare i dati e le chat dei mesi precedenti».

SENSO DI COLPA. «Rosaria aveva confidato ad alcune amiche di sentirsi in colpa temendo di essere stata lei la causa del duplice omicidio», ha detto il magistrato, ricostruendo la posizione della fidanzata di Giosuè Ruotolo nella vicenda del duplice omicidio del palasport, e posta lunedì sera ai domiciliari. «Maria Rosaria - ha proseguito il magistrato - temeva di essere stata ricollegata al delitto per essere entrata nel profilo Facebook anonimo. Un dettaglio quest'ultimo che le amiche ci hanno riferito e che non potevano aver appreso dalla stampa, e che quindi può essere frutto solo del fatto di averla ascoltata dall'interessata. Circa i messaggi inviati dal profilo, una ventina in tutto, sono stati inviati tutte le volte che Ruotolo era in servizio e aveva accesso ai pc della caserma da cui sono partite le missive vessatorie. Tre amiche hanno anche riferito che la Patrone, in un'occasione accompagnata dalla mamma, consegnando dei "pizzini" in cui si sollecitava le amiche a restare in silenzio, le invitava a non far trapelare nulla del profilo Facebook, parlando con loro soltanto all' aperto e coi telefonini spenti - ha concluso - per paura di essere controllata dai carabinieri».

Trifone Ragone e Teresa Costanza; a destra, fiori sul luogo del delitto
Trifone Ragone e Teresa Costanza; a destra, fiori sul luogo del delitto

IL MOVENTE. Sarebbe legato al diverbio che vide protagonisti Giosuè Ruotolo e Trifone Ragone il movente del duplice omicidio dei fidanzati di Pordenone I dissapori nacquero quando i due commilitoni - ed ex coinquilini - furono protagonisti di un acceso scambio di vedute che degenerò fino allo scontro fisico. Da allora Ruotolo, secondo l'accusa, avrebbe pianificato la propria vendetta messa poi in atto la sera del 17 marzo nel parcheggio del palazzetto dello sport cittadini.

I MESSAGGI MINATORI E LA LITE. Dalla memoria dell'iPhone di Teresa Costanza, grazie a un particolare software, sono stati estratti i messaggi provenienti da un profilo anonimo, da venerdì 26 giugno all'11 luglio 2014. Una sedicente «Annalisa» affermava di essere l'amante di Trifone Ragone, per minare il rapporto della coppia di fidanzati. I particolari erano minuziosi, rendendo credibili le accuse, ma hanno fornito agli inquirenti elementi per restringere il campo sui potenziali autori di questa molestia. Di fatto, queste dichiarazioni potevano essere state fatte solo dai coinquilini dell'epoca. Per questo Ragone ha affrontato a uno a uno i compagni di appartamento. «Per esclusione è arrivato a Ruotolo - ha precisato Martani - come ci hanno dichiarato gli altri coinquilini: Trifone aveva quindi picchiato Ruotolo procurandogli un labbro tagliato e gonfiore agli zigomi. Raccontando l'episodio agli inquilini Giosuè aveva minacciato vendetta, mentre Trifone aveva paventato la possibilità di procedere con una denuncia, quindi con la possibilità che Ruotolo venisse accusato di sostituzione di persona, molestie e peculato militare. Accuse che, se confermate - ha concluso il Pm - sarebbero state di pregiudizio sia per la permanenza nell'Esercito sia per il transito nella Guardia di Finanza».

TELEFONI, VIDEO, COMPUTER. «Nel corso di 11 mesi di indagine sono stati analizzati oltre 10 milioni di report telefonici, visionati più di 5 mila ore di filmati, operazione ripetuta in alcuni casi molteplici volte, e raccolti oltre 8 mila gigabyte di dati telefonici». Sono i numeri delle indagini sul delitto di Pordenone resi noti dal tenente colonnello dei carabinieri Paolo Vincenzoni, comandante del Reparto Crimini Violenti del Ros. Durante la conferenza stampa il comandante provinciale dell'Arma di Pordenone, colonnello Mario Polito, ha sottolineato l'enorme sforzo investigativo elogiando tanto il Reparto investigativo guidato dal capitano Pierluigi Grosseto quanto il supporto sempre garantito dal Ris di Parma che a settembre, in 24 ore dal ritrovamento della pistola nel laghetto, stabilì con certezza che si trattava dell'arma del delitto. In proposito, il comandante ha evidenziato il ruolo del reparto sommozzatori di Genova che ha scandagliato il laghetto di San Valentino imprimendo la svolta decisiva alle indagini.

SOMMA VESUVIANA. Un cenno è stato rivolto tanto dal procuratore Martani quanto dall'Arma ai carabinieri di Somma Vesuviana (Napoli) per l'enorme lavoro svolto: sono stati loro a occuparsi di molti dei rilievi su Rosaria Patrone e anche nell'abitazione di Ruotolo, dal cui computer in suo uso una mano ignota nel mese di settembre ha cancellato la cronologia. Siccome Ruotolo quel giorno era impegnato nella medesima operazione sui propri supporti informatici a Pordenone, «presumiamo che l'operazione sia stata fatta dal fratello, che secondo la legge non sarebbe comunque imputabile per questa azione», è stato segnalato.

Riproduzione riservata © Il Piccolo