Lo strazio dei familiari dell’anziana uccisa a Trieste: «Sono distrutti»

L’avvocata Fantuzzi: «Va rispettato il loro dolore. Ci sarà tempo per chiarire e capire. Hanno piena fiducia nella giustizia»

Maria Elena Pattaro
Fiori davanti alla casa di via delle Beccherie il giorno dopo l'omicidio (Lasorte)
Fiori davanti alla casa di via delle Beccherie il giorno dopo l'omicidio (Lasorte)

Un guscio di dolore e silenzio. È quello in cui si sono chiusi i familiari di Isabella Tregnaghi, l’anziana sgozzata in casa lunedì. La figlia Lorenza, i nipoti, il genero sono annichiliti da un crimine tanto feroce. «Sono disperati, distrutti – riferisce l’avvocata Federica Fantuzzi, a cui si sono affidati per seguire l’iter giudiziario e ottenere giustizia –. Si sono chiusi nel dolore, al punto che io stessa, in queste prime fasi, ho evitato di affrontare certi aspetti. Confidiamo nelle indagini della Procura. Ci sarà tempo per chiarire e capire. Adesso va rispettato il loro profondo turbamento».

La famiglia di Isabella ha perso una madre, una nonna, una suocera. Uccisa in casa sua, dopo aver aperto la porta alla sua assassina, con cui evidentemente aveva una certa confidenza e che – secondo le ipotesi degli inquirenti – era lì per derubarla dopo averla raggirata. L’incubo di ogni anziano e dei suoi familiari.

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L’amore per Trieste

La figlia Lorenza avrebbe preferito averla vicino a sé, a Roma. Ma l’89enne, ancora lucidissima e piena di hobby e passioni, amava così tanto Trieste e i riti cittadini da scegliere di restare. A quel punto la figlia aveva deciso di far installare delle telecamere a circuito chiuso nell’appartamento di via delle Beccherie, così da monitorare le condizioni della madre.

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Un mazzo di fiori sul portone di via delle Beccherie 7 (Lasorte) e, a destra, Isabella Tregnaghi

Mai avrebbe immaginato che quegli occhi elettronici sarebbero stati testimoni degli ultimi istanti di vita di Isabella, uccisa in modo truculento. E di assistere quasi in tempo reale a quell’orrore. Alle 13.30 di lunedì la donna ha allertato i soccorsi, preoccupata dalla sconosciuta che si aggirava in casa. E soprattutto dalle macchie di sangue sul pavimento.

Gli screenshot di quegli istanti, carpiti al volo dal nipote della vittima, sono stati fondamentali per braccare l’assassina.

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Un volto noto

A riconoscerla è stato un carabiniere del Nucleo Investigativo. La 58enne era un volto noto. Sia ai triestini, che negli anni precedenti l’avevano incrociata in veste di cassiera al Centro Discount di via Cumano e poi di impiegata al Cup dell’ospedale Maggiore. Sia alle forze dell’ordine, visto che era già indagata per presunte rapine dai contorni particolari. Evidentemente, però, gli inquirenti non avevano ancora raccolto elementi sufficienti per predisporre un monitoraggio serrato nei suoi confronti, se non addirittura una richiesta di misura cautelare.

L'arresto

Podmenich è finita in manette il pomeriggio stesso dell’omicidio, a un paio d’ore di distanza, con un blitz da film in via Bramante. Inseguita e accerchiata in auto (una Fiat Panda) dalle auto civetta dei carabinieri, non aveva opposto resistenza. Anzi, nelle ore successive aveva collaborato indicando i cassonetti in cui aveva gettato i gioielli rubati alla vittima, i vestiti sporchi di sangue e – tra le altre cose – anche un asciugamano con cui si era ripulita. Una donna come lei, che amici ed ex colleghi descrivono come socievole e brillante, come è arrivata a uccidere un’anziana indifesa? Una cesura netta sarebbe stata la separazione dal marito, coincisa con la fine del tenore di vita a cui era abituata.—

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