Oltre le paure d'oggi: si vive più a lungo se si mangia di meno
TRIESTE Chissà se di questi tempi si riesce a parlare di qualcosa che non sia il coronavirus? Proviamoci. Partendo dal coronavirus stesso: se c’è una cosa certa che abbiamo imparato è che la grande maggioranza di noi non morirà a causa di Covid-19 (qualche decina di decessi finora, nessuno direttamente a causa del virus e tutti in pazienti con altre patologie gravi). La maggior parte di noi morirà di infarto, ictus e altre malattie cardiovascolari (oltre 200mila individui all’anno in Italia), tumori (180mila) e malattie respiratorie, polmonite “classica” inclusa (40mila). In termini di salute pubblica, insomma, l’unica cosa utile che il masochistico coprifuoco imposto alle regioni del Nord Italia riuscirà a fare, almeno speriamo, sarà una riduzione nel tasso di incidenti stradali perché la gente se ne sta a casa (prima causa di morte per i giovani tra i 15 e i 19 anni; 32, 500 incidenti nel 2018 in Lombardia, 89 al giorno, 483 morti).
Invece delle mascherine, volete invece un suggerimento che funziona per mantenervi in salute e vivere più a lungo? Mangiate di meno. Che la restrizione calorica sia l’unico antidoto all’invecchiamento e alle sue malattie è cosa risaputa: vermi, moscerini, topi e scimmie vivono dal 30 al 40% di più e rimangono sani se sono alimentati con una dieta che prevede il 70% di quello che mangerebbero spontaneamente. Ma come questo avvenga è rimasto finora misterioso. Uno studio pubblicato questa settimana su Cell finalmente comincia a chiarire la connessione. Carlos Ipsizua Belmonte, al Salk Institute di San Diego, ha nutrito un gruppo di ratti con una dieta ipocalorica da quando avevano 18 mesi e li ha seguiti fino a 27 mesi, equivalente a seguire un uomo da 50 a 70 anni di età. Poi ha isolato e analizzato l’espressione dei geni in ciascuna di quasi 170mila cellule di questi ratti, prelevate da tutti gli organi.
Almeno tre le sorprendenti scoperte fatte. Primo, che si erano mantenute giovani le cellule di tutti i tessuti, indicando che mangiare poco ha un effetto globale, non su un organo in particolare. Secondo, che l’effetto deriva dall’attivazione di un preciso meccanismo molecolare, dando quindi speranza a chi cerca di trovare un farmaco in grado di attivarlo. Terzo, che gli animali mantenuti giovani avevano livelli di infiammazione di gran lunga ridotti, confermando che l’infiammazione è un alleato fondamentale delle principali malattie.
Lo studio è una pietra miliare verso l’agognato sviluppo di una pillola che ci faccia rimanere sani a lungo pur continuando a mangiare. Nel frattempo, potremmo almeno farci del bene buttando via le scorte di cibo con cui scelleratamente abbiamo riempito il frigorifero per paura del virus. –
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