Oltre 1100 sperano nella “Garanzia giovani”
Stanno nel nido familiare a lungo, ma quanti di questi giovani sono così in difficoltà da affidarsi al programma europeo “Garanzia giovani”, dirottato sui Governi, e da qui sulle Regioni, e gestito dalle Province, che chiama a raccolta ragazzi tra i 15 e i 29 anni senza impegni di studio, lavoro o tirocinio nei paesi che hanno oltre il 25% di disoccupazione giovanile, tra i quali non poteva evidentemente mancare l’Italia?
Proprio l’altro giorno l’assessore alle Politiche del lavoro Adele Pino ha presentato in Consiglio provinciale i dati aggiornati delle iscrizioni. A far domanda per un programma che sovvenzionerà corsi di formazione nei più vari mestieri e professioni, oppure tirocini nelle aziende, sono stati a Trieste 1103 ragazzi fino ai 30 anni. Di cui 718 appartenenti alla categoria che la Ue ha definito “Neet” (Not in education, Employment or Training), cioé tristemente senza arte né parte, la generazione più debole.
Ma poi ci sono anche 178 ragazzi triestini che a un anno dal diploma sono senza lavoro, e 207 laureati nella stessa condizione. Cui si aggiungono 173 di cui non è chiara la condizione. «Un terzo, un quarto circa completa tutto il percorso - dice Pino, che di fronte alle migliaia di ragazzi che restano in casa nota che “si sta tornando alla famiglia patriarcale” -, ma che cosa succederà di loro, dopo formazione e tirocini? È illusorio pensare - l’assessore lo afferma nettamente - che tutti trovino lavoro, l’importante è uscire dallo stallo, rimotivarsi alla ricerca».
La formazione, che va da agricoltura a grafica, da nautica a turismo, trasporti e servizi alla persona, sarà dalle 80 fino alle 500 e 1000 ore, fornita dall’associazione temporanea d’imprese che ha riunito gli enti di formazione regionale.
A questi “giovani”, per l’estensione del programma finanziata dalla Regione, si aggiunge un altro migliaio circa di persone (979) che hanno risposto al bando per l’”occupabilità”, e sono cioé cassintegrati, disoccupati o in mobilità, ma non necessariamente “giovani”.
Come tutti sanno o temono, non sono i discussi “acts” sul lavoro di per sè, o la formazione spinta di per sè, ad accasare i disoccupati quando l’economia declina. Ma i “Neet”, dice l’Europa, vanno chiamati a raccolta. A Trieste i dati del Centro per l’impiego sono grigi: «Su tutti i tirocini “normali” che avviamo - conclude Pino -, trova inserimento nel lavoro solo il 50%». (g. z.)
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