Ok del Senato, Sappada si avvicina al Fvg
UDINE. Per tutta l’estate il distacco del comune di Sappada dal Veneto e la sua annessione al Friuli Venezia Giulia è stato l’argomento “tappabuchi” per evitare che venisse esaminato lo Ius soli. Lo hanno calendarizzato numerose volte, senza che mai arrivasse all’esame del Senato. Ieri però, a inizio autunno, Palazzo Madama - dopo un dibattito velocizzato dall'assenza dei senatori della Lega Nord - ha votato e approvato: penultimo passo prima di un via libera alla Camera che consegnerebbe la località montana del bellunese alla nostra regione. Come chiedono i cittadini sin dal 2008, e pure la politica, che più volte si è espressa per il trasferimento.
Con i leghisti ancora sull’Aventino, il provvedimento risultante dal testo unificato dei disegni di legge 951 e 1082 a prima firma dell’ex senatrice, oggi europarlamentare del Pd, Isabella De Monte e della collega Raffaella Bellot, uscita dal Carroccio dopo l’espulsione di Flavio Tosi dal partito e oggi seduta sui banchi del Misto, ha contato 168 voti a favore, uno contrario e 8 astensioni. Un esito atteso, ma che ha scatenato una raffica di reazioni del territorio, quasi tutte trasversalmente favorevoli.
È una lunga storia, quella di Sappada in uscita dal Veneto e in entrata in Fvg. Così almeno hanno chiesto i residenti nel marzo 2008, votando in massa per il distacco (860 Sì, una quota pari al 95% dei votanti e quasi al 75% del quorum) in un referendum espressamente previsto dalla Costituzione al comma 2 dell’articolo 132. Un primo risultato del lavoro del comitato locale che sostiene da anni le ragioni di una comunità parte della diocesi di Udine e più vicina alla Carnia che non al Veneto per lingua, cultura e storia, cui sono seguiti i pareri favorevoli pure del Consiglio regionale Fvg nel 2010 e di quello del Veneto nel 2012.
Dopo che nel 2014 la commissione parlamentare per le questioni regionali aveva espresso a sua volta parere favorevole, mancava di fatto solo la legge ordinaria e, a questo punto, l’ultimo visto tocca alla Camera. Con Ettore Rosato che sin d’ora respinge le malizie di qualche avversario politico che sospetta un nuovo insabbiamento e la ripartenza quasi da zero nella prossima leguslatura (per 6 mesi, se riproposto, il ddl avrebbe comunque una corsia agevolata). «Faremo tutto il possibile per approvare il ddl entro la legislatura», assicura il capogruppo del Pd.
Ci crede anche Debora Serracchiani, che rimarca in particolare come il Senato abbia «interpretato con responsabilità e coerenza la volontà della grandissima maggioranza del popolo di Sappada». La presidente della Regione plaude anche alla «esemplare tenacia con cui i sappadini e le loro amministrazioni hanno mantenuto viva l'attenzione sulla loro causa» e, definito il passaggio in Fvg «il compimento formale di un'appartenenza identitaria, linguistica e culturale, molto forte e radicata», aggiunge: «Siamo di fronte a un caso chiarissimo e pacifico, contestualizzato e analizzato in tutti i dettagli anche dal punto di vista costituzionale. Non è una scaramuccia di confine tra regioni, né si rischia di aprire alcun effetto domino». Parole nette rispetto a un iter lunghissimo, rallentato dalle frenate più o meno alla luce del sole della politica bellunese, a partire dal sottosegretario agli Affari Regionali Gianclaudio Bressa.
Ostacoli superati? Secondo alcuni sì, anche se i tempi stretti e la gran mole di lavoro in agenda alla Camera sono paletti che non possono non alimentare qualche preoccupazione tra i sappadini. Confortati, chissà, dalle prime parole di Luca Zaia. «Rispettiamo le scelte di tutti e figuriamoci se un federalista impenitente come il sottoscritto oserebbe mettere in discussione le scelte di una comunità», dice il presidente del Veneto. Dopo di che, rilanciando il referendum del 22 ottobre («Se il Veneto non avrà l’autonomia, sarà l’autonomia ad avere il Veneto»), Zaia si toglie il sassolino anti-specialità: «Prendo atto che i comuni che fino ad ora hanno rivendicato la libertà di poter cambiare regione hanno tutti chiesto di essere annessi al Fvg o al Trentino Alto Adige, e mai all'Emilia Romagna o alla Lombardia. Ciò che la dice lunga sulle vere motivazioni di queste scelte separatiste».
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