Ogni settimana 5 nuovi casi di amianto

Non si fermano le segnalazioni di malattie e morti professionali depositati alla Procura di Gorizia. Una valanga di processi
Bumbaca Gorizia 15.10.2013 Processo amianto sentenza - Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 15.10.2013 Processo amianto sentenza - Fotografia di Pierluigi Bumbaca

MONFALCONE. Alla Procura di Gorizia approdano ogni settimana dai due ai cinque casi di malattia professionale asbesto-correlata. Una “trincea” per il sistema giudiziario, costretto a fronteggiare il pregresso e a istruire nuove pratiche. Il dato è emerso ieri al convegno promosso dall’Azienda sanitaria Isontina, moderato dal dottor Fulvio Calucci, alla presenza del direttore generale Gianni Cortiula. Casi, dunque, che giungono sui tavoli della magistratura anche sotto forma di segnalazioni d’ufficio, per lo più attraverso il personale medico, tenuto a segnalare i decessi.

Il pm Valentina Bossi ha chiamato in causa il carico di lavoro sulla questione-amianto in rapporto alla mole complessiva dei procedimenti e alle risorse umane sproporzionate. Il magistrato, che con il collega Luigi Leghissa nel 2009 prese in carico i procedimenti, con oltre 500 fascicoli giacenti, ha parlato di una «situazione drammatica».

Un’impresa titanica che non solo ha scontato i ritardi nella formazione di un “percorso omogeneo” finalizzato a ricostruire la portata di un fenomeno risalente a 40 anni fa e a garantire la certezza del diritto alla giustizia, ma soffre a tutt’oggi, a fronte di un maxi-processo bis avviato e di un quarto in partenza a giugno, di una sorta di “corto circuito”. Mentre si moltiplicano i processi, approdano, infatti, arrivano nuove segnalazioni.

Quella di ieri è stata una giornata dedicata al tema «Eredità dell’amianto», per fare il punto assieme a istituzioni, esperti e associazioni, su una tragedia che continua a segnare il territorio. «È il primo incontro - ha detto Cortiula - di una serie di confronti con il territorio che vogliamo mantenere nel tempo».

Il Centro unico per l’amianto è operativo all’ospedale di San Polo dal giugno 2013. La struttura, ha spiegato Cortiula, prevede uno sviluppo integrato con le più diverse specializzazioni in un contesto anche di “Area vasta”. In parallelo c’è la costituzione della “Lung Unit” (Gruppo polmone) che raccoglie sanitari specializzati. In atto è inoltre un progetto di ricerca genetica in collaborazione tra Ass2, Università di Trieste e Burlo Garofolo.

L’assessore alla Sanità, Maria Sandra Telesca, definendo il Centro unico per l’amianto «un caso esemplare delle strategie della Regione», ha ricordato gli oltre 150 pazienti che vi si sono già rivolti. Il centro è una struttura di riferimento e accoglienza per i pazienti, in un processo di accompagnamento clinico, terapeutico, psicologico, ma anche amministrativo, assistenziale e previdenziale.

La Regione ha istituito inoltre l’Osservatorio ambiente e salute, con finalità preventive, mentre, ha spiegato l’assessore all’Ambiente Sara Vito, in collaborazione con Arpa, è stato definito un programma per aggiornare il censimento dei siti inquinati da amianto, risalente al 2006, al fine di istituire un archivio unico.

Ha preso la parola anche Chiara Paternoster, dell’Associazione esposti amianto, che ha ripercorso la storia dell’associazione, nata negli anni ’90, culminata con la “discesa in campo” delle vedove dell’amianto. Una battaglia sfociata nell’opera del procuratore generale presso la Corte d’appello, Beniamino Deidda, che nel 2007 avocò i casi di amianto per impostare in modo organico indagini e procedimenti.

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