Offese il capo su una chat, il pm archivia il caso

TRIESTE «Irrilevanza del fatto». È con questa formula che la pm Chiara De Grassi ha archiviato la posizione di un sindacalista della Trieste Trasporti, di 55 anni, componente del direttivo dell’Ugl aziendale, inquisito per diffamazione aggravata. Per cosa? Per una parolaccia contenuta in una chat privata, scambiata tra colleghi. Il caso, nelle ultime settimane, aveva avuto anche eco nazionale. L’offesa era diretta a due dirigenti della società. «Fanc...», scriveva appunto il sindacalista su Whatsapp, citando il nome dei due manager della Trieste Trasporti a commento di un problema contrattuale, in particolare per la mancata applicazione di alcune agevolazioni previste per gli autisti che hanno compiuto una determinata anzianità di servizio.
Uno dei due manager, a cui qualcuno aveva inoltrato lo screenshot della conversazione, aveva sporto denuncia. L’avvocato William Crivellari, che ha difeso il cinquantacinquenne, non aveva dubbi fin dall’inizio della vicenda: «Era una chat privata e non una pagina Facebook accessibile a tutti», spiegava il legale. «Una conversazione, appunto, in cui un sindacalista dovrebbe essere libero di dire quello che pensa».
Il magistrato ha accolto il rilievo del legale. «Tenendo conto anche di una sentenza della Cassazione su un caso simile – precisa ancora l’avvocato – si ritiene che quanto scritto in una chat privata debba rimanere circoscritto tra i membri del gruppo di quella chat. Commette invece reato proprio chi viola la segretezza della conversazione veicolando all’esterno il contenuto. Va tutelato il diritto della corrispondenza privata – conclude Crivellari – analogamente a quanto avviene in uno scambio di lettere». —
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