Nuovo decreto, a rischio Pineta del Carso e Salus

Secondo il ministro Balduzzi per l’accreditamento col servizio sanitario servono almeno 80 posti-letto
Di Gabriella Ziani

Le case di cura Salus e Pineta del Carso fronteggiano il pericolo di sparire se sarà approvato così come sta il decreto del ministro della Salute Renato Balduzzi sugli standard della Sanità pubblica. Il testo stabilisce un tetto minimo di 80 posti letto per acuti per poter conservare l’accreditamento col servizio sanitario. La Salus ha 74 posti letto, e 9 milioni di euro di budget. Pineta riceve 12 milioni, e di letti per acuti ne ha solo 12. Ma 80 per la riabilitazione (motoria, cardiologica e pneumologica) in cui si è specializzata. Senza soldi pubblici Salus e Pineta non potrebbero sopravvivere, i pazienti privati sono residuali. Si salva il Sanatorio triestino, che di posti “accreditati” ne ha 80. In Italia sono nel mirino 149 strutture. E tutto si salda col decreto che taglia in generale i posti letto ospedalieri: un calo nazionale di 14 mila, per il Friuli Venezia Giulia di 690. Con l’obbligo di incrementare i posti per “post acuti”, gravemente pochi (in regione solo 389, da innalzare a 931 secondo le tabelle ministeriali).

«Con soli 12 posti letto per “acuti” pneumologici siamo sul giro d’aria e preoccupati, è un provvedimento dirompente» conferma Lucio Ercolessi, amministratore delegato di “Pineta”, la casa di cura che ad Aurisina si sviluppa su 40 mila metri quadrati, con 7000 di pineta effettiva. «Ma ci avevano chiesto 20 posti di “hospice” - prosegue Ercolessi - e 20 per disabili gravi, tra cui anche stati vegetativi in evoluzione. Il paradosso - spiega l’amministratore delegato - è che fino a 6-7 anni fa di letti per acuti ne avevamo 60: non servivano e ci siamo riconvertiti. Adesso che ne abbiamo pochi ci dicono che sono insufficienti. Le leggi da noi le fa chi non ha mai visto un ospedale, ma solo scrivanie».

Meno allarmato è Guglielmo Danelon, presidente della Salus che ha appena festeggiato i suoi 50 anni di vita. «Questa è una bozza - afferma -, alla fine si prenderanno in considerazione i volumi di attività e non i letti, che è un criterio privo di logica per le strutture private: solo nel “pubblico” i posti letto sono un parametro importante per dimensionare anche gli organici, noi siamo rimborsati a prestazione, e qui abbiamo appena avuto un calo dello 0,5% per il 2012, che diventerà 1% nel 2013 e del 2% dal 2014, e non basta - prosegue Danelon -, perché in Friuli Venezia Giulia tutte le strutture private sono state accreditate dalla Regione proprio quest’anno, con parametri severissimi, e il numero di posti letto è stato già ridefinito: meno 150, il 20%. Alla Salus siamo passati da 90 a 74 letti. Eppure abbiamo realizzato 4370 interventi e ricoveri». Fatto il dimagrimento, il ministero minaccia però l’espulsione.

Danelon, e l’Aiop che rappresenta le strutture private (una proliferazione, e anche sotto inchiesta in altre regioni), sperano nella sopravvivenza anche per crudo realismo: «Calare i posti letto accreditati dei privati - osserva il presidente - danneggia proprio la sanità pubblica, che non sarebbe più in grado di gestire i suoi volumi di attività. Se per i privati la Regione spende 78 milioni di euro a fronte di un finanziamento della Sanità di 2,1 miliardi, in aggiunta le Aziende sanitarie e ospedaliere con fondi propri acquistavano prestazioni aggiuntive per calare la liste di attesa. La spending review ora lo impedirà». La Salus ha avuto “in più” circa 400 mila euro all’anno. Mal che vada, Danelon spera: «Ci mancano al nuovo standard solo 6 posti letto: se ce li assegnano per i “post-acuti”, letti che vanno aumentati, noi siamo a posto».

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