Nuovo assalto alla fattoria di Borgo

TRIESTE È mattino presto quando il giovane Tiziano Milic, proprietario della fattoria di via di Peco, trova l’automobile bruciata. Non è la sua, ma di un amico che lo aiuta nei lavori con gli animali e il terreno. L’auto, una Seicento bianca, è parcheggiata davanti al cancello. Intorno sente puzza di fumo, di plastica e gomma sciolte. Le lamiere annerite dalle fiamme, i vetri scoppiati. Milic fa qualche passo in avanti, si avvicina e guarda dentro. Vede due gatti dal pelo bianco distesi sul fondo, all’altezza dei sedili. Sono poco più che cuccioli, occhietti chiusi. Li riconosce, sono suoi. Senza vita ormai. Uno dei due ha il collo spezzato. Nell’abitacolo c’è anche un maialino vietnamita morto.

«È stato lui... Sì, è stato ancora lui», mormora tra sé e sé. Il cancello della campagna è aperto, entra e controlla intorno. Nella gabbia del cane da caccia scopre i brandelli di un altro gatto. L’hanno buttato dentro, in pasto. Borgo San Sergio, un’altra mattanza di animali. Nella stessa fattoria di tre mesi fa. Era il 20 ottobre: un folle aveva ucciso decine e decine di galline e oche a colpi di badile. Si era avventato pure su un pastore Malinois, spaccandogli una spalla e una zampa. Aveva aperto box, cucce e recinti. Maialini e cinghiali erano fuggiti. Uno di grossa taglia era stato sorpreso a gironzolare nel rione. Nelle strade, in un’edicola e anche in un’osteria, circostanza documentata da fotografie e filmati che avevano fatto il giro della città e che avevano suscitato l’ilarità generale, non fosse che dietro alla buffa immagine dell’animale che scorrazza qua e là si era appena consumata una “strage”.
Che si ripete. Meno eclatante in termini numerici, ma altrettanto atroce. Stando alla ricostruzione dello stesso Milic, i due gattini bianchi sono stati ammazzati prima di appiccare l’incendio alla Seicento. Sono stati uccisi senza pietà alcuna, e poi gettati nell’auto in fiamme. Ma solo quando il fuoco si stava già spegnendo, pare, visto che le tracce di pelo bruciacchiato sono visibili solo in parte e soltanto su uno dei due mici. Tutto sarebbe avvenuto nella serata o nella notte tra venerdì e sabato, ma il ragazzo se n’è accorto appena ieri mattina.
Come ottobre, anche stavolta il giovane proprietario della fattoria accusa Edi Furlan, detto “Edi Vacca”, il cinquantacinquenne che soffre di disturbi psichici. L’uomo, che Milic aveva subito additato come l’unico possibile responsabile della strage di tre mesi fa, è seguito dal Centro di salute mentale di Domio. «È stato lui - ripete - ed è l’ennesima volta che mi combina questo. Non ne posso più», dice sollevando dal fondo dell’auto, a mani nude, uno dei due gatti morti. Lo prende su come si fa con un oggetto. Forse è un’impressione, ma la tenerezza, il dolore per le due bestioline trucidate non sembrano sfiorare troppo il ragazzo di campagna. I due, lui e Furlan, da anni sono nel pieno di una sorta di faida tra vicini. Tra vicini di terreno, visto che condividono il piccolo appezzamento di via di Peco a Borgo San Sergio. L’autore è lo stesso di ottobre? Ma era stato Furlan allora? Fatti che, se fossero provati, innescherebbero una serie di interrogativi sulla gestione della malattia psichica in chi compie atti violenti e pericolosi: il presunto colpevole è controllato dai servizi sanitari? Se sì, come è possibile che abbia reiterato il reato? Le forze dell’ordine se ne stanno occupando? Ieri la responsabile del Csm aveva il telefono irraggiungibile, ma da quanto si apprende Furlan è seguito sempre e si reca quotidianamente nella struttura di Domio. Però non dorme là e non avrebbe un accompagnatore. «Non sono a conoscenza di questo nuovo fatto, non ho avuto notizie in merito, devo verificare», risponde Roberto Mezzina, direttore del Dipartimento di salute mentale dell’Azienda sanitaria. Ieri era domenica e non ha potuto appurare ulteriori dettagli. Ma le domande su chi semina il terrore a Borgo San Sergio, tra gli animali, si fanno sempre più pressanti.
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