Nuovi orari agli sportelli Sale la rabbia dei postali
di Piero Rauber
Sono tempi duri per il cliente delle poste dell’ultimo minuto, quello cioè che va ritirarsi la raccomandata o a pagarsi il bollettino a ridosso dell’orario di chiusura dell’ufficio postale. Già perché dopo la recentissima rivoluzione degli orari di servizio al pubblico di Poste Italiane - rivoluzione entrata a regime il 23 gennaio che fra le altre cose ha anticipato la serrata degli sportelli diurni, tradizionalmente fissata alle 14, alle 13.45 negli uffici postali più periferici e alle 13.35 in quelli più centrali - per più d’una settimana ora sarà meno probabile che il personale che sta dietro a quelli sportelli deroghi da quegli stessi nuovi orari di chiusura. Tradotto: se in centro un utente avrà preso il biglietto col proprio numero alle 13.30, ma il suo turno arriverà alle 13.36, non è detto che sarà servito.
I sindacati di categoria hanno infatti proclamato dal 3 al 13 febbraio lo sciopero dello straordinario nell’ambito di una protesta su base regionale, figlia a sua volta di una vertenza nazionale, mirata a denunciare il mancato coinvolgimento delle sigle sindacali, da parte del management aziendale, in merito proprio alla rivoluzione dell’organizzazione del servizio negli uffici postali, che comprende per l’appunto anche la variazione degli orari.
«Alla storica carenza di personale e a strumenti di lavoro obsoleti, si aggiungono adesso orari non rispondenti alle necessità di utenti e lavoratori, che creano ulteriori inefficienze», lamenta Alessia Baitz, segretario locale Cisl Slp, che tiene a ricordare «il fatto che la cittadinanza non è stata informata per tempo da Poste Italiane sui mezzi d’informazione ma solo con degli avvisi esposti tardivamente alla chiusura degli uffici sabato 21 gennaio». Il blocco degli straordinari - si precisa - è dovuto non solo alla modifica degli orari di servizio al pubblico, ma pure al taglio di alcuni uffici dislocati in Friuli Venezia Giulia «definiti antieconomici». Taglio, da cui fra parentesi Trieste si è salvata, che è stato compiuto «senza consultare le organizzazioni sindacali, come previsto invece dal contratto nazionale di lavoro». E mentre l’azienda non commenta, fa specie che il comunicato stampa dello sciopero rechi i marchi di Cisl Spl, Uil Post, Sailp Cisal, Ugl, punto e basta. E la Cgil Slc? C’è ma non si vede. O, meglio, non si fa vedere. Problemi intestini al fronte sindacale, un po’ come fra i metalmeccanici, nati in sede nazionale e proiettati fin sul territorio. «Abbiamo inteso non aderire a una proclamazione fatta da altri, e peraltro per delle lotte precedentemente già intraprese da noi, ma ne condividiamo i motivi, quindi abbiamo dato indicazione ai nostri di prendere parte comunque allo sciopero», chiude Mirella Iacone, segretario triestino Cgil Slc.
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