Nuove regole per i medici di famiglia Cresce il numero dei pazienti assistiti

Nel vivo il confronto Asugi-sindacati. La Fimmg: «Pronti a salire da 1.500 a 1.700 mutuati. Ma serve meno burocrazia»



È in arrivo una mini rivoluzione nel mondo della sanità di base. A breve infatti crescerà il numero di pazienti di cui un medico di famiglia potrà farsi carico. Il tetto di mutuati, attualmente 1.500, potrebbe salire fino a quota 1.700 mettendo fine così al fenomeno del “pendolarismo” da dottore, che costringe moltissimi cittadini, spesso i più anziani, a spostarsi da un rione all’altro per farsi visitare perché l’ambulatorio sotto casa, o quello del medico di fiducia, risulta “sold out”.

L’ampliamento del tetto dei mutuati è stato al centro di un confronto ad hoc tra Azienda sanitaria e rappresentanti di categoria. «L’Azienda ha messo sul tavolo l’opzione dei 1.700 assistiti, quindi 200 in più rispetto alle platee attuali» spiegano dalla Federazione italiana medici di medicina generale. Una proposta giudicata positivamente da Francesco Franzin, rappresentante della Fimmg provinciale, a patto però che i medici di base vengano sgravati dalla troppa burocrazia, aumentata peraltro in epoca di Covid. Alla base di questa richiesta, spiega, ci sono anche i pensionamenti alle porte, cinque entro agosto (la stessa circostanza che ha pesato anche sull’opportunità appunto di ampliare il numero degli assistiti), e le domande di avere un medico più di prossimità.

Al momento si contano 146 medici di famiglia nell’area giuliana, che percepiscono 5 euro lordi a paziente, specifica Claudio Nardo (Sindacato nazionale autonomo medici italiani Trieste). Il numero minimo di professionisti di assistenza primaria sul territorio, in base alle norme nazionali e regionali, è di uno ogni 1300 abitanti, quello massimo di 1500. Il calcolo viene definito in base al rapporto deciso secondo un accordo collettivo nazionale per tutti i medici di Medicina generale tra organizzazioni sindacali e la Struttura Interregionale Sanitari Convenzionati.

La riflessione sull’ampliamento era iniziata già lo scorso ottobre e aveva portato, in quell’occasione, all’approvazione di una deroga di sei mesi, con scostamenti all’insù della platea degli assistiti, per fronteggiare gli effetti a catena di una serie corposa di pensionamenti: ben 15 avvenuti risalenti al 2019. L’iter, in questi casi, è piuttosto lungo. Di fatto per sostituire un collega andato in quiescenza, serve quasi un anno di attesa. E farne le spese, appunto, sono spesso gli anziani, Come si ricorderà, tra il 2019 e il 2020 molti rioni erano entrati in sofferenza a causa dell’addio di alcuni storici ambulatori e il mancato turn over in tempi rapidi.

Per incrementare il massimale comunque l’Azienda deve interpellare il Comitato regionale e ottenere poi il via libera dalla Regione. E serve anche il via libera della parte sindacale. «Servirà ancora qualche confronto - specifica Franzin, che ha battuto i pugni per ottenere una diminuzione di carte e scartoffie da compilare -. Ho fatto una stima per cui dobbiamo rifare spesso il 30% delle operazioni burocratiche». Un esempio? L’impegnativa con priorità per una visita specialistica o gli esami. «Capita che il paziente vada in farmacia e le liste per queste visite differite siano chiuse per le troppe prenotazioni. Una primo a aberrazione. Allora succede che viene detto al paziente di tornare fra dieci giorni e poi ancora dieci. Ma poi le liste saranno ancora chiuse. Ed ecco che la ricetta scade e per una questione kakfiana, noidobbiamo rifarla».

E c’è chi resiste ma anche chi desiste. A questo proposito però interviene il numero uno regionale del Snami Stefano Vignando. «È un problema delle farmacie, la prenotazione deve avvenire comunque - sostiene -, lo dice il decreto legislativo 124/1998 e successive declinazioni. Se la struttura erogatrice non assicura una prestazione entro il termine massimo previsto almeno in un punto di erogazione aziendale, l’utente ha diritto di andare in attività di libero professionale intra moenia con il rimborso del costo della prestazione effettuata».

In cambio della disponibilità ad assistere più pazienti, la Fimmg pensa anche all’aumento dei fondi nazionali, «gestiti dalla Regione», per coprire i costi di una segretaria. Figura quanto mai necessaria negli ambulatori per rispondere alle decine di chiamate quotidiane e alle tante altre incombenze di cui si deve occupare il medico. A questo proposito afferma Vignando: «Con vari accordi regionali si è cercato d’implementare il fondo fissato dall’accordo nazionale per avvalersi di un collaboratore di studio e/o un infermiere professionale. Oggi circa il 43% di medici di famiglia in Fvg accede a tali indennità e quindi per gli utenti significa avere pratiche più veloci. Di quel 57% una certa percentuale non è interessata ma gli altri sono rimasti fermi perché la Regione non aumenta il fondo».

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