Nuova Imu sui terreni già stoppata: Trieste, Duino e Sgonico respirano

I Comuni avrebbero dovuto versare allo Stato una cifra teorica a prescindere dagli incassi
Un sentiero del Carso
Un sentiero del Carso

Contrordine compagni: nessuna nuova tassa sui terreni verdi sarà dovuta da chi ne è il proprietario (come prevedeva invece il decreto-choc di novembre sulla revisione tributaria dei lotti inedificabili in molti angoli d’Italia e in particolare a Trieste) entro il termine tanto fulmineo quanto complicato del 16 dicembre prossimo. Ieri a Roma, al “question time” del Senato, il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta ha comunicato l’intenzione del Governo Renzi di far passare un ulteriore decreto di retromarcia che rimanderà i termini di versamento a giugno 2015, dopo che ne saranno stati pure rivisti i criteri.

Salta dunque a soli dodici giorni dall’ultima data utile, festivi compresi, l’inedita Imu sui terreni che dalle nostre parti (causa l’introduzione, a ciel sereno, di differenti meccanismi d’esenzione in base all’altidudine sul livello del mare e non più solo sulla classificazione montana di un ente) il titolare di una qualsiasi particella catastale verde nei comuni di Trieste, Duino Aurisina e Sgonico sarebbe stato improvvisamente chiamato a versare dopo una “vita” in regime d’esenzione: a Monrupino si sarebbero salvati i soli imprenditori agricoli ma non i proprietari di orticelli per la grigliata domenicale, a San Dorligo il sistema in vigore sui terreni a valle sarebbe stato esteso pure a monte, dove vale l’esenzione, e non sarebbe cambiato niente soltanto a Muggia, l’unico comune in cui già si paga l’Imu sui lotti privati non edificabili.

È insomma l’ora dei sospiri (di sollievo) per i diretti interessati, per i titolari di particelle verdi s’intende, quantomeno per quelli che dai recentissimi allarmi mediatici di fine novembre avevano avuto la lucidità di rendersi conto che stava per piombare su di loro una nuova tassa. E che l’avrebbero dovuta onorare appunto entro il 16 dicembre, data di scadenza del saldo per ogni genere di Imu, dovendo per giunta arrangiarsi (da soli oppure pagando un commercialista) per calcolarsi a tempo di record l’entità dell’imposta in base a non banali parametri catastali (il reddito dominicale di base), moltiplicatori di legge e aliquote comunali. Questo infatti (si legga a tale proposito l’articolo a lato, ndr) è un tributo locale del quale, a differenza di quelli su rifiuti e prima casa, l’ente municipale che poi lo incassa non è tenuto a inviare il bollettino precompilato ai cittadini.

Ma a sospirare per davvero, se vogliamo, più che i contribuenti sono in questo caso gli stessi comuni, a cominciare da quelli di casa nostra, dove il cambio si prospettava epocale da subito. Per due motivi. Primo: non sarebbero stati in grado di “governare” tecnicamente, con i loro uffici, una scadenza così ravvicinata per una tassa così ignota. Secondo, ed è quello ancor più ansiogeno: si può presumere che, entro il 16 dicembre, ben pochi - chi per ignoranza, chi per disobbedienza fiscale - avrebbero pagato la nuova Imu sui lotti verdi. Ciononostante lo Stato avrebbe reclamato agli enti locali la cifra totale teorica, come se tutti i contribuenti fossero stati ligi e puntuali.

Da questa revisione tributaria sui terreni, d’altronde, il Governo contava di ricavare 350 milioni a parziale copertura dei famosi 80 euro in busta paga. La conseguenza è che, beffa su danno, i comuni sarebbero passati per tartassatori e, in più, ci avrebbero rimesso. Per quello di Duino Aurisina, ad esempio, il conto già pronto - a prescindere da quanto avrebbe incassato - era di 72mila euro da girare allo Stato, come ammette personalmente il sindaco Vladimir Kukanja. «Vedremo - aggiunge - se prima della nuova scadenza di giugno, e in quali termini, saranno rimodificati i criteri di esenzione di un’imposta che continuiamo a ritenere deleteria e insensata, visto che va a colpire terreni dove non puoi neanche cogliere un fiore».

«La verità - osserva l’assessore al Bilancio del capoluogo Matteo Montesano - è che non avremmo avuto assolutamente la capacità di gestire una tassa di questo tipo così all’improvviso. Con questa proroga potremmo pensare ad esempio di abbassare l’aliquota specifica dal 10,6 per mille ordinario, cosa che senza rinvio sarebbe stata impossibile per tempi tecnici. Non c’era una cosa giusta in questo decreto, né nelle tempistiche, né nelle modalità d’applicazione».

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