Nucleare pulito targato Monfalcone

MONFALCONE. Il futuro dell’energia nucleare pulita passa per Monfalcone. Nello stabilimento del gruppo Mangiarotti, azienda leader nella costruzione di componenti per centrali nucleari, è iniziata la realizzazione di alcuni settori del “vacuum vessel” (in sostanza il cuore) del reattore sperimentale termonucleare in fase di costruzione a Cadarache, un centinaio di chilometri da Marsiglia. Si tratta del progetto Iter (International Thermonuclear Experimental Reactor), un’impresa del costo di 15 miliardi di euro alla quale partecipano i principali Paesi industrializzati: Stati Uniti, Russia, Unione europea (tramite l’Euratom), Giappone, Cina, India e Corea.
Mangiarotti opera nell’ambito del consorzio italiano Amw (Ansaldo nucleare, Mangiarotti e Walter Tosto), che nel 2010 ha vinto la gara indetta dal consorzio capofila a livello mondiale (“Fusion for energy” di Barcellona) per questa commessa del progetto Iter (che da sola vale 250 milioni), battendo i “mostri sacri” del settore nucleare fra cui il gruppo francese Arewa. Il primo elemento che uscirà dallo stabilimento di Monfalcone dovrebbe partire a fine 2015; la conclusione della “fornitura” è prevista nel 2017.
Tempi lunghi, dunque, per questa come per altre commesse (ad esempio quella in corso per alcune nuove centrali nucleari Westinghouse negli Usa), e ingenti capitali da impegnare durante la fase realizzativa. E per questi finanziamenti le banche chiedono consistenti garanzie.
Si spiegano così le cifre del bilancio 2012 del gruppo (vedi tabella), con diverse voci alquanto negative. Ciò appunto perchè fra l’assegnazione di una commessa e la consegna dei “prodotti” intercorre spesso un arco di tempo che copre più di un esercizio, durante il quale le uscite superano di gran lunga le entrate. Con riguardo al problema finanziario il gruppo Mangiarotti (di cui Friulia detiene il 30%) ha predisposto un piano che da qualche mese all’esame delle banche, dalle quali si attende il responso.
Tornando al progetto Iter, il punto della situazione è al centro di una serie di giornate “full immersion”, in corso a Monfalcone, alle quali partecipano oltre quaranta ingegneri e tecnici da tutto il mondo, in rappresentanza di organismi internazionali e di società che partecipano all’ambiziosa sfida.
Il progetto Iter si basa in particolare sul “tohamak”, sistema di confinamento magnetico in cui il plasma (una miscela di deuterio e trizio, isotopi dell’idrogeno, riscaldata a 150 milioni di gradi) è contenuto in un “recipiente” sotto vuoto a forma di ciambella, il “vacuum vessel”, senza però toccarne le pareti.
Questo enorme “recipiente”, del peso di oltre 3mila tonnellate, è costituito da nove settori, sette dei quali saranno costruiti dal consorzio di cui fa parte Mangiarotti. «Ogni settore - spiega Massimo Polo, direttore tecnico dell’azienda - è composto da quattro elementi: due li costruiamo noi a Monfalcone e due la Walter Tosto di Chieti. Poi l’assemblaggio e i test verranno effettuati a Monfalcone, da dove ogni settore verrà anche spedito via mare. L’assemblaggio - aggiunge - sarà la fase più delicata, in quanto sono previste tolleranze molto strette, dalle quali dipenderà il funzionamento dell’intero progetto, basato sulla stabilità del confinamento della reazione di fusione nucleare».
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