Nubi nere alla Tex Giulia: dichiarati altri 27 esuberi

Era il 2005. E analizzando assieme ai sindacati la situazione del comparto tessile scrivemmo: “Il settore si sta azzerando nella nostra provincia: tranne alcune aziende come la Tex Giulia e altre realtà più piccole il tessile sta diventando un comparto in via d’estinzione”.
Sono passati quasi dieci anni da quel servizio e nubi nerissime si stanno addensando sul futuro proprio della Tex Giulia, azienda produttrice di cotone, filati e tessuti che fa parte del gruppo Gabel.
A lanciare l’allarme (forte e chiaro) i sindacati, nella persona di Mauro Ferrante della segreteria regionale della Femca-Cisl. È lui a ripercorrere gli ultimi, preoccupanti sviluppi che, a sua detta, rischiano di mettere a repentaglio il futuro dell’azienda. «Dopo un lungo percorso di ammortizzatori sociali che è sfociato, nel recente passato, con la dichiarazione di 25 esuberi già “usciti” con la mobilità volontaria, stiamo stati convocati dai vertici aziendali. Quali sono state le loro comunicazioni? Ci hanno detto che hanno bisogno di tagliare altri 25/27 posti di lavoro: nemmeno conclusa una procedura di esubero, se n’è aperta subito un’altra». L’obiettivo dell’azienda, specifica la Femca Cisl, è di arrivare ad una forza-lavoro che non superi le 25-26 unità. «In poche parole, si sta procedendo all’eliminazione dei due terzi delle maestranze di un tempo - aggiunge Ferrante -. E questa è, chiaramente, una decisione inaccettabile e che contestiamo duramente».
Peraltro, la Tex Giulia ha la caratteristica di essere totalmente autosufficiente dal punto di vista energetico perché gestisce una centrale idroelettrica nelle immediate vicinanze dello stabilimento. «Pertanto, non possono nemmeno accampare la scusa di avere spese per l’approvvigionamento di energia elettrica. Semmai, quello che denunciano è il preunto “alto costo” della manodopera: ci sono Paesi dove produrre filati costa meno. Per questo, siamo molto preoccupati per il futuro dello stabilimento. Quello intrapreso ha tutte le sembianze di un percorso che porterà alla chiusura del sito produttivo e noi, chiaramente, ci opponiamo».
I sindacati, durante l’incontro con la proprietà, hanno proposto una soluzione alternativa che porta il nome di “contratto di solidarietà” e che si potrebbe riassumere con lo slogan “lavorare meno per lavorare tutti”. In altre parole si tratta di accordi, stipulati tra l’azienda e le rappresentanze sindacali, aventi ad oggetto la diminuzione dell’orario di lavoro al fine di mantenere l’occupazione in caso di crisi aziendale e quindi evitare la riduzione del personale (contratti di solidarietà difensivi, art. 1 legge 863/84). «Ma la risposta è stata negativa. I vertici aziendali - spiega Ferrante - hanno respinto la nostra proposta che, invece, avrebbe permesso di salvare i posti di lavoro».
Immediate sono scattate le contromisure. Domani mattina alle 6 è stata convocata l’assemblea generale. «L’intenzione è di dichiarare lo stato di agitazione e di dare vita a un presidio». Peraltro, sul tam-tam via web corre la notizia che potrebbe essere organizzato, sempre domani mattina, un corteo lungo le vie del centro sino alla sede municipale. «Presiederemo la fabbrica 24 ore su 24 ad oltranza», si legge sui social network.
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