Nozze gay in Slovenia, Chiesa all’attacco
Ha osservato quanto stava succedendo in silenzio, ma adesso che, a suo modo di vedere, il danno è fatto, la Chiesa cattolica della Slovenia esce allo scoperto e si pone come capofila del movimento referendario per l’abolizione della legge approvata martedì scorso dal Parlamento e che permette i matrimoni gay e l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso.
La Commissione giustizia e pace della Conferenza episcopale slovena ha così inviato a tutti i sacerdoti del Paese e ai responsabili di società cattoliche indicazioni circostanziate su come dare avvio alla raccolta delle firme tra i fedeli, firme necessarie a indire la consultazione popolare. Il presidente della Commissione, Tadej Strehovec lo ha chiaramente messo per iscritto in una lettera a parroci e responsabili dell’associazionismo cattolico in cui ha dettagliatamente illustrato le due fasi che sono necessarie per la raccolta delle firme.
Nella prima fase sono necessarie 2.500 firme per le quali non è obbligatoria l’autentificazione da parte delle autorità competenti. Firme che comunque devono essere raccolte entro il prossimo 10 marzo. Successivamente sarà il presidente del Parlamento a stabilire l’intervallo di tempo di 35 giorni validi per la raccolta di 40mila firme, questa volta sì autenticate, per la richiesta del referndum abrogativo, decisione questa che sarà presa prevedibilmente tra il 16 e il 23 marzo prossimi.
L’azione avviata dalla Chiesa cattolica slovena è estremamente decisa e “scientifica”. Nella sua missiva Strehovec ha chiesto ai parroci di convincere i fedeli a firmare già domenica prossima dopo la messa mediante «contatti personali», oppure con uno specifico annuncio in cui, tra l’altro, si chiarisca che con la legge appena varata dal Parlamento sulle nozze gay la Slovenia entra a far parte di quel trend occidentale «che è contrario all’ordine naturale dell’unione tra uomo e donna» considerato come «il luogo naturale per lo sviluppo di nuova vita e, allo stesso tempo, il migliore ambiente per la crescita e lo sviluppo dei figli». E «non è una posizione discriminatoria - precisa ancora il documento di Strehovec - nei confronti di una comunità priva di questi valori e di queste potenzialità, ma solamente l’accettazione delle leggi naturali».
Ai parroci è stato altresì chiesto che inviino quanto prima all’Ufficio diocesano per i laici quattro nominativi di persone che si impegneranno alla raccolta delle firme e alla divulgazione del messaggio ecclesiastico ed è stato inviato un formulari pre-stampato per la raccolta delle firme stesse. Ma c’è di più. La Conferenza episcopale si raccomanda che davanti a ogni chiesa sia presente un tavolino per la raccolta delle firme, che ci siano formulari a sufficienza assieme alle penne per apporre la firma in modo da evitare spiacevoli code che potrebbero scoraggiare molti a soffermarsi per sottoscrivere il documento in favore del referendum. Quanto raccolto dovrà essere consegnato al più tardi entro lunedì prossimo al decano perché questi a sua volti lo “giri” alla diocesi di appartenenza che finalmente lo consegneranno nelle mani dell’organizzatore della raccolta.
Ai fedeli, secondo quanto riportato dal quotidiano di Lubiana, Dnevnik, si è rivolto in queste ore anche l’ex amministratore dell’arcidiocesi di Lubiana e vescovo di Novo Mesto, monsignor Andrej Glavan. Egli ha espressamente chiesto ai “suoi” parroci di leggere ai fedeli durante la messa di domenica prossima la sua lettera invito ad andare a sottoscrivere la richiesta per il referendum contro la norma che legalizza le nozze gay e di impegnarsi successivamente a firmare anche nella seconda fase della procedura, quella per intenderci, in cui sarà necessario raccogliere 40mila adesioni. «Per frenare - così il presule - il tentativo di distruggere i valori della famiglia».
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