Norme su piercing e tatoo, il Tar “boccia” la Regione

I giudici amministrativi accolgono le ragioni dell’Associazione tatuatori e accertano irregolarità tecniche. Annullati quattro dei sei punti del regolamento
Un tatuatore all'opera
Un tatuatore all'opera

Il lobo dell’orecchio è di carne molle, il padiglione auricolare di cartilagine. Secondo i giudici del Tar del Fvg, presidente Umberto Zuballi, relatore Alessandra Tagliasacchi, si tratta di «dato di comune conoscenza». Ma la Regione, a quanto pare, non lo sa. Viene rimandata in materia. Ed è costretta a riscrivere una parte, non solo quella, del regolamento che ha dato attuazione alla legge 7/2012, “Disciplina delle attività di tatuaggio, di piercing e delle pratiche correlate”. L’Associazione tatuatori ha letto la legge e confrontato il regolamento. E, difesa dagli avvocati Italo Castaldi e Giuseppe Sbisà, si è quindi rivolta al Tar riportando una vittoria su quattro dei sei punti contestati. Al punto che, così si legge nella sentenza, sono annullati appunto quattro articoli del regolamento regionale, o interamente o nella parte su cui il Tar ha dato ragione ai ricorrenti.
Iniziativa della giunta Tondo, la legge 7, la norma su tatuaggi e piercing viene concretizzata dalla giunta Serracchiani nell’aprile 2014 con l’approvazione in via definitiva del regolamento.

Nella sentenza (30 pagine) si legge del botta e risposta su alcune schermaglie tra i legali dell’associazione e l’Avvocatura della Regione (rappresentata nell’occasione da Roberto Crucil e Ettore Volpe). Niente di ostativo rispetto a un giudizio nel merito che, a conti fatti, costringerà a un rimaneggiamento del testo regolamentare. In sintesi la legge puntava a stabilire le regole per le attività di tatuaggio e piercing: dalle condizioni igienico-sanitarie alla formazione, fino al tema del consenso informato. Non mancavano indicazioni sulla dimensione dei locali (non meno di 12 mq per l’area di lavoro), l’obbligo di installare servizi igienici per il pubblico e di prevedere pavimenti facilmente lavabili e disinfettabili. Ancora più dettagliata la parte relativa ad aghi e “pistole”.

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Ma, proprio su questi aspetti, il regolamento viene bocciato. Se infatti il ricorso sugli spazi dei locali viene respinto, così come quello sull’obbligo di dare al cliente informazioni sui pigmenti dei tatuaggi, il Tar smonta l’articolo 7, quello sull’«Attrezzatura per attività di piercing». Il testo degli uffici pubblici si sofferma sull’ago cannula, sui dispositivi meccanici di foratura e sui monili da inserire. I tatuatori di professione non ci stanno. In particolare sostengono che i dispositivi meccanici sono utilizzabili «esclusivamente» nel lobo dell’orecchio e non anche, come dispone il regolamento regionale, nel padiglione auricolare, «ove viceversa può operarsi solo con ago cannula». I giudici danno loro ragione: posto che la carne molle è diversa dalla cartilagine, «è del tutto logico che diversi siano gli strumenti e le tecniche di foratura».
Il Tar accoglie inoltre il ricorso sulla mancata precisazione delle diverse classi (B, S e N, quest’ultima è inidonea ma non viene vietata) delle autoclavi a vapore attraverso cui sterilizzare gli strumenti di lavoro. E poi stronca la Regione anche sul fronte della formazione: i giudici chiariscono che andava prevista la promozione di corsi distinti per attività di tatuaggi e di piercing. Infine, nel regolamento approvato dalla giunta, sentenzia il Tar, manca l’obbligo di informare le clienti sui rischi derivanti dal sottoporsi alle pratiche in questione durante l’allattamento.
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