Nonni e nipotini lontani: il Natale ai tempi del Covid che divide tante famiglie

Le testimonianze dei triestini costretti a cambiare la tradizione consolidata delle riunioni del 24 e del 25 dicembre. Il caso limite di Ambra, che vive a Opicina: sua mamma sta a Muggia 
09 Dec 2013 --- Christmas table and tree in dining room --- Image by © Spaces Images/Blend Images/Corbis
09 Dec 2013 --- Christmas table and tree in dining room --- Image by © Spaces Images/Blend Images/Corbis

TRIESTE Appena venti chilometri dividono Opicina, frazione di Trieste, da Zindis, a Muggia. C’è un confine di mezzo, però, che rovina i piani natalizi di un’intera famiglia, abituata ogni anno a riunirsi per il pranzo del 25 dicembre.

Una giornata che quest’anno doveva essere ancora più gioiosa grazie alla presenza di una bimba, nata appena tre mesi fa.

Ma il Covid e il Dpcm del governo Conte si sono messi di traverso e così Ambra Sartor, assieme alla famiglia del marito Robert, non potrà festeggiare il Natale con la sua mamma che, residente appunto nel comune rivierasco, dovrà trascorrere la festività da sola.

È una delle tante, ennesime storie tristi che capitano ai tempi del Covid, ora che si sa che il nuovo decreto, in vigore dal 4 dicembre, non permetterà spostamenti tra comuni il 25 e 26 dicembre e a Capodanno, anche adesso che il Friuli Venezia Giulia è tornato a essere zona gialla. Si tratta di un’altra novità che questo virus maledetto ha imposto ai due giovani genitori e non solo, che sono già stati costretti a rinviare il viaggio in Romania, dove avrebbero dovuto trascorrere le vacanze con tutti i parenti.

Non resta allora che brindare in pochi intimi. «Mia mamma purtroppo non potrà essere con noi», ammette Ambra: «Ci vedremo magari nei giorni precedenti o successivi».

Il Natale da separati accomuna p tante famiglie. Non vedrà probabilmente la nonna 86enne, che in realtà proprio per precauzione non incontra da mesi, Annalisa Kosmina, che si sta scervellando in questi giorni per capire con chi potrà trascorrere le festività. «Siamo una famiglia numerosa e unita, ci teniamo molto alla tradizione, nonostante lo spirito quest’anno sia molto sotto tono. Ameremmo stare assieme alla Vigilia e a Natale, a maggior ragione quest’anno in cui abbiamo un nipotino», racconta: «Purtroppo c’è la pandemia e dovremo quindi rinunciare per il bene di tutti, visto che alcuni parenti possono essere soggetti a rischio». Siederanno quindi al tavolo natalizio solamente sei persone: «Faremo forse gli auguri ai miei genitori, ma non si possono riunire così tante persone come gli scorsi anni. E poi come si fa a decidere uno sì e uno no?» . La tecnologia però aiuterà la famiglia Kosmina: «Faremo come a Pasqua, quando abbiamo utilizzato Zoom e Whatsapp».

I sistemi informatici moderni aiuteranno anche Erika Ferrante, che non potrà ricevere il fratello che vive a Gorizia. Oltre il confine, c’è un problema di “assembramento”: il suo nucleo familiare è composto già da ben sette persone. Si aggiungeranno probabilmente anche il nipotino e il genero. «Dobbiamo stare attenti – afferma Giuseppe Carmignano, il marito di Erika – anche perché, anche se siamo dei nonni giovani, abbiamo 43 e 45 anni, il rischio c’è. Il virus non colpisce solo gli anziani. Poi io viaggio per lavoro, mia moglie lavora in un negozio che vende mascherine, abbigliamento e calzature per il settore sanitario, per cui è sempre in contatto con delle persone. Meglio essere prudenti. Come si dice a Napoli “Levàmme’e pprete’a nanze’e cecàte”: evitiamo ogni occasione di pericolo».

Resterà invece in Francia dal padre Anna Regache, che così non potrà vedere la madre che rimarrà a Trieste. «Solitamente andavamo insieme da mio padre, che abita vicino a Lione oppure lui veniva a Trieste», spiega: «Io non posso tornare in Italia nelle prossime settimane perché non ho più la residenza e il domicilio lì. E non ho voglia di fare la quarantena. Non mi sembra il caso di venire in Italia per passare due settimane di vacanza a casa dopo un anno di smart-working. Il governo dovrebbe fare i test in aeroporti e stazioni per chi torna ed esce dal Paese, in modo da lasciare andare le persone dai familiari abbattendo il rischio».—


 

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